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Xenofobia e giornalismo: e li chiamano i professionisti della parola

di    -    Pubblicato il 4/04/2013                 
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Il Giornale, 4 aprile 2013

URBINO – Illegal immigrant, no more. Questo lo slogan lanciato dall’Associated Press che non tollererà più l’uso della parola “illegale” se associata a un essere umano. Illegale è un’azione, non una persona. Anche per undocumented scatta il cartellino rosso. Sembrano banalità, ma, trattandosi di questioni tanto delicate come l’immigrazione, ogni piccolo dettaglio assume un significato di un certo spessore, come insegnano i colleghi oltreoceano. In Italia, invece, le cose non vanno poi così bene. Un palese esempio di xenofobia è fornito da  tuttiicriminidegliimmigrati.com, sito web che indicizza gli articoli di giornale più offensivi nei confronti degli stranieri.

“Era inevitabile. Era solo una questione di tempo”, così commenta le nuove linee guida dell’Ap il vincitore del premio Pulitzer 2008 Josè Antonio Vargas, firma di punta del Washington Post e di altre importanti testate statunitensi. Vargas non è solo un giornalista ma anche il fondatore di Define American, un’organizzazione creata con l’intento di individuare i criteri che le persone usano per determinare chi sia veramente americano e chi no. E il punto di vista di Vargas, ‘cittadino’ americano per anni senza green card, è stato efficacemente riassunto dal Times che in copertina riportava la frase We are Americans. Just not legally (Siamo americani. Ma non legalmente). Il periodico statunitense aveva dedicato la cover story al giornalista di origini filippine il quale si è messo a nudo raccontando la sua vita da illegal alien (clandestino) evidenziando le difficoltà e le contraddizioni della legge americana in tema di immigrazione.

Legalità. Il suo contrario evoca immediatamente il concetto di criminalità. Amare e vivere con e per le parole vuol dire anche accuratezza, precisione. Scegliendo la scorciatoia degli stereotipi, parafrasando Vargas, priviamo le persone della loro umanità. La superficialità può creare dei danni irreparabili e intaccare la credibilità dell’intera categoria dei giornalisti che spesso ‘pompano’ le notizie creando falsi allarmismi. E, purtroppo, a volte, non è la disattenzione a offendere gli uomini, bensì la volontà di ferire dei loro simili.

“Faremo saponette con gli immigrati in Grecia”. Così Alexandros Plomeratis esponente di Alba dorata, partito ellenico di estrema destra, parla dei ‘non greci’ definendoli “primitivi, subumani e contaminati”. E aggiunge: “Siamo pronti ad aprire loro i forni”. Poco tempo fa queste parole hanno fatto indignare l’opinione pubblica a livello globale. Ma questa è la Grecia, mica l’Italia, potrebbe obiettare qualcuno. E invece non è proprio così: non solo perché è stato fondato circa un anno fa a Trieste un partito ispirato a quello filonazista greco.Poi c’è il caso di tuttiicriminidegliimmigrati.com, che fa per scelta quello che i giornali fanno per trascuratezza: utilizza la nazionalità dell’immigrato come elemento distintivo e caratterizzante, associandolo alla criminalità.

L’aspetto più interessante è che questi frammenti di xenofobia non sono prodotti da qualche analfabeta insensibile, bensì da giornalisti professionisti. Sì, perché il sito altro non è che una bacheca in cui vengono raccolti tutti gli articoli sugli stranieri, preferibilmente di cronaca nera, apparsi sulla stampa italiana. Termini come “clandestino” “illegale”, “extracomunitario”, “maghrebino” (da quando è una nazionalità?) si ripetono spesso sui quotidiani, nei telegiornali. Ecco cosa succede quando libertà d’espressione, media e mediocrità si incontrano. E questo accade in Italia, dove esiste un codice deontologico adottato dall’Ordine dei giornalisti nato con l’obiettivo fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità, osservando la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta e i migranti.

Si tratta della Carta di Roma, nata su impulso dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (al tempo la portavoce era Laura Boldrini) che, a seguito della strage di Erba nel gennaio 2007, scrisse ai direttori delle maggiori testate giornalistiche italiane denunciando la ‘scorrettezza’ (“Caccia al Marocchino”, Corriere della Sera) dei media nel trattare con approssimazione e sensazionalismo una situazione di per sé tanto controversa e difficile.

Stando alla Carta i giornalisti dovrebbero adottare termini giuridicamente appropriati per restituire al lettore la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti e tutelare quelli che scelgono di parlare con i giornalisti per non esporli a ritorsioni. E, infine, per garantire un’informazione più chiara e completa, che guardi anche alle cause dei fenomeni, interpellare, quando possibile, esperti in materia.

Promuovere una più corretta informazione in materia di immigrazione, non è poi così facile. Il linguaggio è spesso inappropriato, carico, involontariamente o meno, di pregiudizio e privo di significato giuridico. La realtà migratoria è complessa e lo è, più in generale, il diritto, piatto indigesto per molti. Maria Beatrice Deli, docente di diritto internazionale all’Università del Molise, inaugura ogni anno il suo corso spiegando agli studenti i rischi del ‘cattivo’ giornalismo in materia di diritto. “Il problema della correttezza delle informazioni fornite dai giornalisti è sentito nell’ambiente giuridico – afferma Deli – soprattutto con riferimento ai diritti umani e agli atti delle organizzazioni e delle corti internazionali. Ad esempio, questo accade per le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: capita spesso di leggere il riferimento alla Corte europea, provocando una immediata confusione con la Corte di Giustizia Ue di Lussemburgo”.

Posto il problema della correttezza dell’informazione, chi vigila sui giornalisti poco attenti? L’Unar, ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, è dotato di un osservatorio media e web, pronto a segnalare le dichiarazioni lesive ai danni dei cittadini che viaggiano su quotidiani, blog e tv. Ma non è chiaro se questo ente goda ancora di buona salute dopo i tagli della spending review.

Al di là dei tecnicismi, ogni uomo è una storia. Storia spesso drammatica per chi è costretto a lasciare la propria terra disperdendo frammenti di vita tra bombe, sofferenza e addii. Pasolini nel 1964 scriveva: “Alì dagli Occhi Azzurri, uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua”.

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