Ester Castano ha 22 anni e fa la giornalista. E’ pubblicista da tre anni ma nel breve cammino della sua esperienza ha già battuto le vie più pericolose del mestiere. Quando ha cominciato a scrivere dei rapporti tra ‘ndrangheta e politica sul suo piccolo giornale di provincia, l’Altomilanese, ha scoperchiato un vaso di Pandora, il cui contenuto era rimasto ben nascosto fino a quel momento.
Gli articoli con cui Ester raccontava gli intrighi tra amministrazione e criminalità hanno fatto storcere il muso ai potenti locali che non hanno perso tempo a mettere in chiaro le cose. “Finché arrivavano le querele – racconta Ester – pensavo fosse solo una questione di politica ma quando si sono aggiunte anche le buste con proiettili, le ruote squarciate e le sparatorie (non a Reggio Calabria, ma a Sedriano in Lombardia) ho cominciato a toccare con mano la presenza della ‘ndrangheta intorno a me. Un conto è scrivere su un clan che opera a migliaia di chilometri da casa tua, un altro è scrivere sul tuo vicino di casa”.
Mentre racconta le vicende che hanno cambiato la sua vita negli ultimi anni, Ester Castano, non nasconde determinazione e passione per il mestiere: “Io andavo in tribunale, mi occupavo di giudiziaria e continuo a farlo. Per me ciò che conta è raccontare la verità. Questo è il mestiere che voglio fare”.
L’accento campano di Arnaldo Capezzuto è profondamente diverso da quello di Ester Castano. Le loro voci echeggiano due Italie lontane eppure molto vicine. Sin dall’inizio della sua carriera, Capezzuto ha deciso di seguire un modello di giornalismo che lo portasse “dritto ai fatti”, che gli facesse “consumare le scarpe” rincorrendo la verità.
I suoi articoli dipingono ai napoletani il volto della criminalità organizzata e diffondono notizie su scottanti casi di cronaca giudiziaria come quello di Annalisa Durante, giovane vittima della mafia, la cui storia è stata attentamente ricostruita dal giornalista napoletano.
La camorra ha cercato di mettere a tacere la sua voce ricorrendo a minacce di morte, aggressioni e querele.“Fatto in un certo modo questo lavoro ti espone a dei pericoli e ti condiziona la vita – spiega Capezzuto- anche dopo l’arresto e la condanna di un boss sai che gli altri esponenti del clan e i suoi familiari rimangono sul territorio.”
Negli ultimi anni, tra convocazioni e interrogatori, la sua vita si è trasformata in un continuo andirivieni dalle aule dei tribunali. Il pericolo è sempre dietro l’angolo e anche nelle piccole scelte di vita quotidiana, come attraversare a piedi un quartiere, Arnaldo Capezzuto, deve fare i conti con i rischi a cui il mestiere lo ha esposto.
“Io sto scegliendo una strada che è più difficile e dispendiosa. Ma sapere che nessuno la percorre non mi basta. Questa è la strada su cui ho scelto di camminare.”
Ester Castano e Arnaldo Capezzuto sono storie viventi di coraggio e paure in cui la passione per la professione, sia pur compromettendo le loro vite personali, li ha spinti ad affrontare i pericoli del mestiere.
Capezzuto oggi, oltre ad avere un blog su Il fatto quotidiano e a collaborare con numerose testate nazionali, è direttore di La domenica settimanale inserita nella rete del progetto I Siciliani Giovani.
Ed è proprio a Pippo Fava, fondatore e direttore de I Siciliani ucciso dalla mafia nel 1984, che corre il pensiero del cronista napoletano quando racconta della sua difficile e pericolosa vita quotidiana . “Non penso che oggi la criminalità si possa attivare per organizzare grandi fiammate di violenza contro i giornalisti – spiega Capezzuto - quei tempi sono passati, il contesto è cambiato, sono passati gli anni in cui morivano giornalisti come Giancarlo Siani o Pippo Fava. Adesso si interviene in modi diversi con minacce, intimidazioni e querele”.
A proposito di querele. Ester Castano alla tenera età di 22 anni ne ha ricevute già sei e ogni volta che racconta la sua storia ne scatta una nuova.“ Le querele sono pretestuose: cercano di fermare la diffusione delle notizie e dunque della verità. Mi sento controllata anche quando parlo: il sindaco di Sedriano ha querelato tutti quelli che mi hanno permesso di raccontare questa storia, da Gad Lerner a Repubblica all’Ordine dei Giornalisti.”
Sono numerosi i giornalisti che si interrogano sull’uso distorto e intimidatorio della querela. Arnaldo Capezzuto la definisce un “bavaglio” per i giornalisti perché se “ l’intimidazione può far paura, con l’arrivo di una querela si inceppa tutto il sistema. Devi rendere conto di ciò che sta accadendo ai tuoi capi e anche se sai che hai ragione, a volte finisci per abbandonare la tua inchiesta”.
Quando Arnaldo Capezzuto racconta della sua esperienza ci tiene a sottolineare che lui ha imparato il mestiere per strada e se oggi deve guardarsi le spalle quando si muove per la città è proprio perché il suo non è un giornalismo di superficie”.
Ester Castano e Arnaldo Capezzuto fanno parte di quei 122 giornalisti minacciati in Italia dall’inizio dell’anno a oggi, secondo il triste conteggio di Ossigeno Informazione. Le loro storie si intrecciano a quelle di molti altri cronisti e dimostrano come i rischi del mestiere non abbiano localizzazione geografica ma appartengono alle regioni del Nord come a quelle del Sud. Talvolta le luci dei media si accendono su di loro e danno risonanza alle difficoltà del loro vivere quotidiano ma basta poco perché la luce si affievolisca e il buio torni a circondare le loro vite.
“Non era la notorietà che stavo cercando – puntualizza Ester Castano- anzi, a dire il vero, la riconoscibilità del mio volto è un problema ulteriore per me che ogni giorno vado in tribunale per seguire i processi di ‘ndrangheta. Però, al contempo, mi rendo conto che solo raccontando le nostre esperienze e rendendole pubbliche possiamo lottare contro il sistema delle intimidazioni e squarciare il silenzio che aleggia sul fenomeno delle intimidazioni”.