URBINO – Pasqualino piangeva perché voleva sua madre e Leonardo da Vinci la dipinse per lui. Quel ritratto, nato dalle insistenze di un bambino, divenne il quadro più famoso del mondo. Oggi, alle 17.30 a palazzo ducale, Olivia Nesci, Rosetta Borchia e Roberto Zapperi racconteranno l’altra storia di Monna Lisa, quella che identifica la dama di Leonardo, non più con Lisa Gherardini del Giocondo (ipotizzata dal Vasari) bensì con Pacifica Brandani, donna di Urbino e amante di Giuliano de’ Medici. Due indagini, una stessa conclusione.
Due studi che sostengono l’identità urbinate della Gioconda, legano il dipinto di Leonardo al Montefeltro, percorrono due linee parallele e separate.
Il primo sentiero di indagine è sui documenti: a percorrerlo è stato lo storico romano Roberto Zapperi che, partendo dalla testimonianza di un chierico francese, ha ricostruito all’inverso la storia del dipinto.
Secondo le ricostruzioni di Zapperi, riunite nel volume edito nel 2012 “Monna Lisa addio“, Leonardo da Vinci avrebbe portato con sé il dipinto della Monna Lisa in Francia nel castello di Clos-Lucè, dove Antonio De Beatis lo vide 10 ottobre 1517 descrivendolo nel suo diario come realizzato per il “magnifico Iuliano de’ Medici”, morto da un anno. Accertato il rapporto tra Giuliano, il quadro e Leonardo, il secondo passo si compie nelle stanze sotterranee del fondo antico della biblioteca umanistica dell’università di Urbino.
Un codice manoscritto del diciottesimo secolo raccoglie le testimonianze degli uomini illustri del territorio e, nella copia dell’istrumento di Santa Maria di Pian del Mercato (il registro che annoverava tutti i bambini esposti di Urbino), spunta il nome di Pasqualino, “uno mamolo” abbandonato la sera del sabato Santo del 1511 che poi fu riconosciuto come figlio illegittimo di Giuliano de’ Medici e donna Pacifica Brandani (morta durante il parto).
Pasqualino si trasferì alla corte romana e medicea di papa Leone X e, secondo le teorie di Zapperi, fu proprio Giuliano de’ Medici a chiedere a Leonardo di dipingere il volto della madre “ideale” di Pasqualino, che desiderava solo sapere dove fosse la sua mamma.
Nell’ultimo passaggio, il codice svela anche le sorti del piccolo abbandonato:
Questo è al presente donno Ippolito Medici, reconosciuto per figliolo legittimo del magnifico Giuliano Medici e di madonna Pacifica de Giovanni Antonio Brandani, il primo di Fiorenza, che Dio li dia bona ventura.
La seconda teoria a sostegno di donna Pacifica è quella di tipo paesaggistico e artistico: Olivia Nesci è una docente di geomorfologia dell’università di Urbino mentre Rosetta Borchia è una naturalista e un’artista. Loro stesse si definiscono “cacciatrici di paesaggi“, le due ricercatrici hanno rintracciato nel paesaggio alle spalle della Gioconda molte corrispondenze con gli scorci del Montefeltro.
In particolare, la loro teoria afferma che Leonardo avrebbe racchiuso nella tela diverse parti della zona ora divisa tra Romagna e Marche con una tecnica di compressione. Le loro scoperte sono state raccolte nel volume dal titolo Codice P, atlante illustrato del reale paesaggio della Gioconda, pubblicato lo scorso novembre.
Nel corso della conferenza interverranno anche la docente di storia dell’arte Silvia Cuppini, la soprintendente Maria Rosaria Valazzi, l’assessore alla cultura, beni culturali e pari opportunità del comune, Lucia Pretelli e la docente di storia dell’università di Urbino, Anna Falcioni.