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Frane: le Marche al primo posto per indice di franosità

di    -    Pubblicato il 12/05/2013                 
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URBINO – Ormai è chiaro, le Marche sono “la regione delle frane”. Ad attribuirle l’infelice primato è stata la Coldiretti che, con i suoi dati, ha lanciato l’allarme: le Marche sono la regione con il più alto indice di franosità di tutto il Paese, quasi il 20% di tutta la superficie regionale è a rischio frane. Il Progetto Iffi (Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia), realizzato dall’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dalle Province Autonome, ha fornito in questo senso un quadro tutt’altro che rassicurante.

L’inventario ha censito a oggi oltre 42.522 fenomeni franosi in tutta la Regione, 17 mila dei quali solo nel pesarese. In pratica, Pesaro e Urbino presentano, da sole, quasi la metà dei fenomeni di dissesto idrogeologico di tutte le province marchigiane.

La carta dell’indice di franosità del Paese

La stagione autunnale appena trascorsa non è stata certamente delle migliori, caratterizzata da precipitazioni ben al di sopra della media su tutto il territorio provinciale, con il mese di marzo che ha registrato il record di 21 giorni di pioggia su 31. Tale situazione ha favorito una forte saturazione del suolo, provocando numerosi dissesti su tutto il territorio provinciale e un generale innalzamento dei livelli d’acqua e ciò ha dato il via ai fenomeni di piena.

In molti casi, ad accelerare il corso degli eventi, subentra anche l’opera dell’uomo, colpevole di un consumo sconsiderato del suolo naturale. Le frane segnalate, infatti, si sono sì verificate in seguito a precipitazioni abbondanti ma, tuttavia, molti degli smottamenti sono avvenuti durante giorni di pioggia scarsa o addirittura assente. Non a caso la Coldiretti ha accusato le istituzioni per la pessima gestione del suolo pubblico, affermando che “sulle frane ha pesato la scomparsa di quasi 300mila ettari di terreni agricoli, di cui 55mila negli ultimi quattro anni”. In pratica, un terzo dell’intero territorio regionale che una volta era agricolo ha cambiato destinazione.

Ma la causa di questi fenomeni, spesso, è da ricercarsi anche nella particolare composizione dei vari tipi di sottosuolo. Dal punto di vista geologico, infatti, la nostra regione è divisa da due zone piuttosto diverse tra loro – come spiega il geologo della protezione civile Cesare Bisiccia – quella interna, più stabile, caratterizzata da terreni rocciosi e calcarei, e quella più vicina alla costa, maggiormente fragile perché composta da suolo a componente arenaria e argillosa. La seconda, per intenderci, è quella del Colle Ardizio, interessato ormai da anni da fenomeni di dissesto che comportano crolli di pezzi di roccia che invadono pericolosamente le strade sottostanti. L’ultimo smottamento, avvenuto a marzo, ha causato la chiusura al traffico della Statale Adriatica che collega Pesaro a Fano, provocando per quasi un mese l’ennesimo blocco della circolazione con enormi disagi per i pendolari. La frana dell’Ardizio, a onor del vero, è un fenomeno conosciuto da decenni su cui, però, ci si trova ancora gravemente impreparati a intervenire nella fase d’emergenza.

“Il Pai (Piano di assetto idrogeologico) denuncia già dal 2004 la gravità della situazione – afferma Enrico Gennari, presidente dell’Ordine dei geologi delle Marche – con rischio molto elevato R4 su tutto il versante, ma senza un adeguato sistema di monitoraggio non sarà mai possibile mettere in sicurezza il territorio”. Il vero nodo della questione, però, è che mancano le risorse per la manutenzione delle strade, e in caso di eventi di questo tipo è sempre difficile stabilire chi deve pagare. Il problema, in sostanza, è legato ai vincoli del Patto di stabilità, quindi lo stato di emergenza chiesto dagli enti consentirebbe la deroga al Patto per il periodo concesso. Ma dall’estate 2012, sulla gestione dello stato di emergenza, la normativa rispetto agli ultimi vent’anni è cambiata totalmente: adesso lo stato di emergenza viene concesso al massimo per novanta giorni ma non è collegato alle risorse economiche, perciò diventa ogni volta più difficile trovare i fondi per le ricostruzioni. “Per riaprire la statale sull’Ardizio abbiamo speso solo in questi giorni 700 mila euro – afferma l’assessore alla viabilità della Provincia Massimo Galuzzi – mentre negli ultimi dieci anni gli interventi di consolidamento in quella zona e in quella del S. Bartolo sono costati quasi 8 milioni di euro. Le risorse economiche sono quasi sempre insufficienti – continua Galuzzi – e se non ci sarà una politica mirata alla tutela del territorio sarà dura riuscire ogni volta a trovare i fondi per intervenire”.

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