URBINO – Una conversazione con i fedeli di tutto il mondo scandita a ritmo di lessico familiare e quotidiano. Bergoglio è il Papa dai gesti “virali” e dalla comunicazione diretta, dal “fratelli e sorelle, buonasera” alla “Misericordina che fa bene al cuore”. Papa Francesco si presenta così come il più grande comunicatore dell’ultimo secolo, quasi giocando la partita del confronto con Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. I tempi sono diversi ma soprattutto sono i mezzi a essere cambiati: dove prima c’erano solo radio e tv, oggi ci sono social network di ogni tipo e, come sostenuto dal cyber teologo padre Antonio Spadaro in un intervista, Bergoglio non usa i social network ma “è un social network perché crea eventi comunicativi e dinamici”.
Un migliore comunicatore. “L’apertura comunicativa della chiesa, e il suo cambiamento, sono iniziate con l’account Twitter di papa Ratzinger e Bergoglio, in un certo senso, è solo un degno successore”, spiega Giovanni Boccia Artieri, professore di Sociologia dei Nuovi Media all’università di Urbino. Si tratterebbe quindi di una storia vecchia, che non porta necessariamente a una pianificazione di marketing a tavolino: “È evidente – continua Boccia Artieri – che se non cambia il mezzo, è la persona a influenzare il tipo di comunicazione. Francesco si fa portavoce della Chiesa in modo scherzoso e provocatorio insieme. È uno stile di grande impatto perché più ricettivo della sensibilità dei fedeli. Ha mostrato maggiore apertura ed è per questo che è amato dalle persone e soprattutto dai media”.
La Papadipendenza. Si profila il secondo aspetto della questione: quanto il Papa sembri amare i mezzi di comunicazione (nel primo Angelus ha detto “grazie ai media la piazza ha le dimensioni del mondo”), tanto i media sembrano essere innamorati del papa: “è una figura che crea dipendenza – spiega ancora Boccia Artieri – e il suo uso della comunicazione è sapiente, come ad esempio nel caso della risposta a Scalfari: a lettera aperta, ha risposto pubblicamente inserendosi nel piano dei media con forza, ricorrendo a quella che ormai è una sudditanza mediatica”.
Giornali e tv sono ricettivi per tutto quanto riguarda e fa Bergoglio, è un Papa che produce appeal nel pubblico, è di estrema attualità e crea dipendenza e amplificazione: fornisce tanto materiale per farlo ma altrettanto per creare ragionevoli dubbi nella veridicità del suo “personaggio”.
“Anche con Giovanni Paolo II si era vissuta questa de-istituzionalizzazione dei rapporti – aggiunge il professore – e lo stesso è valso per il cosiddetto ‘effetto Obama’. Ora bisogna vedere quanto durerà “il fattore Francesco”, quanto delle sue parole si trasformerà in azioni”.
Rischio di esagerare
Tanta attenzione mediatica, però, lascia spazio a fraintendimenti o quanto meno a visioni distorte di quelle che sono le vere intenzioni del pontefice: “Si rischia di iper interpretare le parole di Bergoglio nella spasmodica ricerca di un cambiamento all’interno della Chiesa: i segnali positivi, ogni parola nuova viene vista in un ottica di esagerazione e la cornice interpretativa è condizionata. Bisognerebbe fare una distinzione tra le parole e il contenuto, capire se si tratta di una questione di costume o politica, distinguere tra un editoriale di Gramellini sul Papa e un articolo di un vaticanista”. In questo modo, la tanto decantata apertura del Papa al mondo omosessuale, quella dei titoloni e della istantanea diffusione in rete, a un’analisi più attenta si trasforma nel semplice affrontare il discorso con un’inedita naturalezza per le sale del Vaticano: “Se una persona omosessuale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nessuno per giudicarla” aveva detto Francesco implicando quindi una via di pentimento e costrizione non immediatamente percepita da diversi media.
“Non ho parlato molto di queste cose – aveva aggiunto – e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi».
La mappatura sociale. Chiama in causa direttamente i fedeli, non solo con lettere e telefonate, ma con il questionario di 38 domande sui temi più problematici della pastorale familiare, chiedendo di esprimersi, oltre che su pastorale ed evangelizzazione, su contraccezione, coppie di fatto, etero e gay e comunione ai divorziati risposati. Tutto in preparazione del Sinodo del 2014 e tutto consultabile dal sito del Vaticano grazie a un’improvvisa inversione di marcia (inizialmente la diffusione sarebbe dovuta passare solo attraverso le chiese locali, con il compito di diffonderlo in modo capillare).
Il social “boom”. Intanto, i numeri dei media Vaticani parlano chiaro: più di nove milioni e trecentomila follower per l’account Twitter di papa Francesco; almeno sessanta milioni di persone raggiunte su smartphone e tablet e più di dieci milioni i navigatori che nelle varie lingue visitano ogni mese le pagine del portale news del Vaticano attraverso Facebook: “La Chiesa – conclude il professore Boccia Artieri- è sempre stata dove stanno le persone ed ora ha capito che se le persone stanno in rete, è lì che deve agire. E Francesco è il migliore per arrivarci: con le sue parole e i suoi gesti, che diventano “virali” nel senso virtuale del termine e che si diffondono con grande facilità, è il miglior testimonial di un brand antico che non è cambiato nella sua tradizione ma che sopravvive grazie a un nuovo volto comunicativo”.