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Edizione straordinaria: sono scomparse le notizie dalle prime pagine dei quotidiani

di    -    Pubblicato il 19/02/2014                 
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Analisi, commenti, approfondimenti, inchieste, opinioni politiche, previsioni economiche: se si apre un quotidiano nazionale (ma anche internazionale) si trova tutto questo (e anche di più). Ma le hard news, le notizie vere, quelle che una volta gli “strilloni” divulgavano agli angoli delle strade e facevano correre i cittadini a comprare il giornale, dove sono finite? Dall’altra parte dell’oceano atlantico la scomparsa delle notizie dalle prime pagine dei quotidiani è una questione molto dibattuta.

Proprio qualche settimana fa la public editor del New York Times,  Maragaret Sullivan, su segnalazione dei lettori, aveva “scoperto” che tra i sette titoli principali del suo giornale solo uno si poteva considerare hard news e aveva polemizzato col suo stesso giornale.

Ma esiste in Italia un problema di questo tipo? “I ritmi dell’informazione non sono più compatibili con la carta stampata – spiega Paolo Mancini docente di Sociologia della Comunicazione all’università di Perugia – già nel 2006 Travaglio aveva scritto un libro intitolato La scomparsa dei fatti. In Italia i giornali, ma anche i telegiornali, sono abituati a dare spazio alle dichiarazioni, si raccontano opinioni non fatti. I giornali sono costretti a fornire commenti e analisi perché le notizie le danno altre fonti”.

Noi abbiamo deciso di fare la stessa verifica fatta dalla Sullivan su 6 quotidiani italiani in tre giorni scelti in modo casuale:

Le analisi e gli approfondimenti hanno più del 50% dello spazio in prima pagina e le notizie sono difficili da isolare. Accanto al racconto della notizia infatti c’è sempre qualcos’altro e le cose si fanno ancora più chiare se si analizzano le prime pagine dopo un evento politico rilevante, come il vertice tra Renzi e Letta del 12 febbraio e il probabile avvicendamento tra i due alla guida del governo.

Ecco alcuni titoli:

– Pacco di coalizione (Marco Travaglio editoriale)
IL FATTO QUOTIDIANO

– La partita di Matteo (analisi di Claudio Tito)
LA REPUBBLICA

– Lo scontro fra due velocità (analisi di Mario Calabresi)
LA STAMPA

– Giochi pericolosi (analisi di Ernesto Galli della Loggia)
CORRIERE DELLA SERA

– Il retroscena: la notte del leader, conta da evitare ma stacco la spina
IL MESSAGGERO

– Enrico e Matteo, divorzio con sgambetti
IL MESSAGGERO

– Il grande imbalsamatore (cucù di Veneziani su Renzi)
IL GIORNALE

– Attento Matteo fare flop è facile (di Vittorio Feltri)
IL GIORNALE

Sono tutti esempi di notizia-analisi: la notizia c’è, ma si dà per scontato che il lettore già la sappia perché la televisione, la radio, i siti di informazione o i social network l’hanno già data prima. Così si passa direttamente allo step successivo, quello dell’approfondimento. Stessa cosa succede ai giornali il giorno successivo, quando le indiscrezioni sulla staffetta Renzi-Letta sono diventate una realtà.

– Dentro la crisi: 4 approfondimenti ( Matteo ai suoi “no ai brindisi qui si rischia” L’esecutivo che spaccò il centrodestraVecchi alleati e nuovi patti per la svolta– Domenica già possibile l’incarico)
CORRIERE DELLA SERA

– Renzi si nomina premier (Il Pd licenzia Letta che si dimette. Nasce il governo del segretario. La nuova era politica parte col trucco. E riserverà colpi di scena)
IL GIORNALE

– “Ambizione smisurata” ma Renzi quanto dura?
IL FATTO QUOTIDIANO

– La forza di un gesto e le sue incognite (L’analisi di Carlo Fusi)
IL MESSAGGERO

– L’eterna anomalia italiana (di Cesare Marinetti)
LA STAMPA

– L’azzardo dell’acrobata (di Ezio Mauro)
LA REPUBBLICA

Nei quotidiani apertamente schierati come Il Fatto Quotidiano e Il Giornale la ricerca della notizia è una partita persa in partenza, o comunque molto difficile da giocare perché anche quando le notizie ci sono stanno talmente nascoste dietro l’editoriale del direttore, o il pezzo analitico di qualche firma illustre che sono quasi impossibili da vedere. Ma in realtà “tutti i giornali per non morire devono spostarsi sull’approfondimento e l’analisi – spiega il professor Mancini – anche quelli meno schierati come il Corriere della Sera. Poi il lettore sceglie in base ai suoi gusti ma sa già quello che troverà”. Come dire che la notizia sul giornale c’è ma deve essere condita da qualcos’altro che piaccia agli utenti (notizia e analisi della notizia, approfondimento sulla notizia stessa o commento illustre sempre restando nei “pressi” della notizia).

Questa “commistione di genere”, tratto caratteristico del giornalismo italiano, ha radici profonde: “Il modello mediterraneo, ripreso dal giornalismo in Italia, è un tipo di giornalismo indirizzato a pochi educati che fornisce approfondimenti, commenti e interpretazione dei fatti. Non è per tutti, è nato per essere elitario” spiega il professore.

Tornando alla polemica scoppiata di recente tra i lettori del New York Times, viene da chiedersi perché i cittadini americani si siano lamentati mentre in Italia la prassi è accettata e ben digerita. Probabilmente c’è anche il fatto che in Italia non c’è nessuno con cui potersi lamentare e che faccia solamente l’interesse dell’utente perché il “garante del lettore”, la Margaret Sullivan nostrana, non esiste. Ma più importante, il lettore anglosassone è abituato a un tipo di giornalismo freddo e molto più rigido del nostro (la famosa regola delle 5 W, la base del giornalismo anglosassone: who, what, when, where, why). Solo fatti, niente opinioni. Mentre “in Italia il giornalismo è sempre stato giornalismo d’opinione, qui il pubblico è sofisticato e vuole approfondimenti. Basti guardare Repubblica -  conclude Paolo Mancini – è un giornale nato per dare opinioni, non notizie”.

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