Referendum sanità, Urbino dice sì ma non basta per andare alle urne

di ENRICO FORZINETTI

URBINO – Il Consiglio comunale ha dato il via libera ai quesiti per sottoporre a referendum abrogativo la legge regionale 13 del 2003, quella che affida alla Giunta i poteri in ambito sanitario. Però è pressoché impossibile che la consultazione si tenga quest’anno. Il Presidente Luca Ceriscioli dovrebbe indirla entro il 28 febbraio per votare tra la metà di aprile e la metà di giugno. Ma per ora mancano i numeri.

Secondo lo statuto regionale, infatti, per un referendum abrogativo servono 20 mila firme oppure il voto di almeno due consigli provinciali, o ancora l’approvazione di 20 consigli comunali alternativamente a un numero di assemblee comunali che rappresentino almeno un quinto della popolazione regionale. Al momento i comuni che oltre a Urbino hanno votato a favore sono soltanto tre: Montelabbate a guida 5 Stelle, Osimo dove la maggioranza del Pd ha votato con il Movimento, e Castelfidardo, amministrata da una lista civica di centrosinistra.

“Non ci sono quasi possibilità di tenerlo quest’anno, ma comunque si può lavorare per farlo il prossimo. In questi mesi potrebbero aggiungersi altri consigli comunali a quelli che che hanno già detto sì”, ammette Piergiorgio Fabbri, consigliere regionale dei 5 Stelle. La consigliera urbinate Emilia Forti ricorda però come un referendum posticipato al 2017 arriverebbe soltanto dopo un altro anno di interventi della Giunta sulla sanità, in base a quanto richiesto dalla normative nazionali. Sfumata la consultazione popolare, per il  momento si percorrerà quindi un’altra strada, quella di invitare l’assemblea regionale a modificare autonomamente la legge.

È la direzione che ha deciso di percorre il Consiglio di Urbino. “Condivido il referendum, ma non vorrei arrivare fino a quel punto. Preferisco sia il Consiglio regionale a cambiare la legge, sarebbe una scelta di buonsenso” afferma il sindaco Maurizio Gambini, specificando una posizione già espressa qualche giorno fa. Per questo è stato presentato un ordine del giorno per portare la richiesta di modifica al Consiglio regionale, una decisione appoggiata dalla maggioranza e dalla consigliera dei 5 Stelle.

Contrario sia ai quesiti referendari che all’ordine del giorno tutto il Pd. “In entrambi i casi la soluzione proposta è quella di andare contro quella che è la politica di oggi – sostiene il capogruppo Federico Scaramucci– deve essere la Giunta a decidere sulle riforme da fare, non ha senso riportare la decisione a livello di Consiglio regionale”. I democratici poi ricordano il costo che dovrebbe sostenere la regione per un referendum che non andrebbe ad agire in maniera retroattiva, ma soprattutto non modificherebbe la riforma sanitaria.

Infatti i quesiti presentati dai 5 Stelle mirano ad abrogare i commi 2 e 3 dell’articolo 3 della legge regionale 13/2003 e le successive modifiche apportate con la 17/2010, la 17/2011 e la 17/2012. All’interno dell’articolo 3 sono elencati i poteri della Giunta regionale, tra cui quelli di deliberare in materia sanitaria.