Libertà di stampa: l’Italia guadagna 25 posizioni. Rsf: “Turchia, la più grande prigione di giornalisti”

L'atlante della libertà di stampa di Reporters sans frontières
di MARIA CONCETTA DE SIMONE

URBINO – Sale l’Italia nella classifica annuale di Reporters sans frontières (Rsf), l’organizzazione francese che vigila sullo stato dell’informazione dei 180 Paesi. Dal 77° posto il bel paese passa al 52° recuperando così 25 posizioni rispetto all’anno precedente. Il salto è dovuto anche all’assoluzione di diversi giornalisti – si legge nel rapporto – tra questi anche Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi processati in Vaticano per l’inchiesta “Vatileaks“, che svelava gli scandali legati allo Stato della Chiesa, e assolti il 7 luglio 2016.

Secondo l’analisi dell’organizzazione, in Italia, i problemi legati alla libertà di stampa sono dovuti alle diverse intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni e minacce che i giornalisti subiscono. Basti pensare che “sei giornalisti sono 24 ore su 24 sotto scorta perché minacciati di morte da parte della mafia e delle organizzazioni criminali”. Rsf non fa nomi, ma i recenti casi più noti sono Roberto Saviano, Lirio Abbate, Giovanni Tizian e Federica Angeli.  A influire su questo risultato è anche la politica. L’Italia si posiziona dopo Paesi come Costa Rica, Ghana e Burkina Faso, anche per esponenti politici come Beppe Grillo , 

do not hesitate to publicly out the journalists they dislike
(che non esita a fare i nomi dei giornalisti che gli danno fastidio)

scrive RSF sottolineando che molti giornalisti italiani si auto censurano perché si sentono sotto pressione da parte dei politici. Mentre “secondo un nuovo testo di legge chi diffama politici, magistrati o funzionari, è punibile con pene che vanno da 6 a 9 anni di carcere”.

Il capo del Movimento 5 Stelle, sul suo blog risponde: “Oggi ho scoperto di essere io la causa del problema di libertà di stampa in Italia. Mi ha aperto gli occhi. Io pensavo che fosse perché i partiti politici con la lottizzazione si sono mangiati la Rai piazzando i loro uomini nel management e nei telegiornali e dicendo loro che cosa dire e che cosa non dire”.

Nel mondo

A livello internazionale mai la libertà di stampa è stata così minacciata, denuncia Reporters sans frontières.  Al primo posto la Norvegia, medaglia nera invece per la Corea del Nord preceduta da Turkmenistan ed Eritrea. La Finlandia, che deteneva la prima posizione da sei anni, scende al 3° posto.

Fake news, Brexit ed “effetto Trump” abbassano il ranking di Usa e Regno Unito. Gli Stati Uniti perdono due posizioni (da 41 a 43), stessa flessione per gli anglosassoni (da 38 a 40). Il neo presidente è considerato da Rsf molto pericoloso: accusando la stampa di pubblicare notizie false, “non solo compromette una lunga tradizione statunitense di lotta a favore della libertà di espressione”, ma contribuisce a “disinibire gli attacchi contro la stampa nel mondo”. I gruppi e le persone anti sistema, come lo stesso Trump, utilizzano il discredito verso la stampa come loro “arma preferita”. Durante la campagna elettorale per la Brexit invece, l’allora leader del movimento xenofobo Ukip, Nigel Farage, ha fatto dell’attacco ai media il pilastro fondamentale della sua campagna.

La Turchia, protagonista dei recenti fatti italiani sull’arresto del reporter Gabriele Del Grande, si posiziona al 155° posto. L’organizzazione definisce l’era di Erdogan come una “spirale repressiva senza precedenti in nome della lotta contro il terrorismo”. Qui i giornalisti “sono arrestati senza processo”. Rsf l’ha definita “la più grande prigione al mondo per i professionisti dei media”.