di ISABELLA CIOTTI e MARCO TONELLI
foto e video di VINCENZO GUARCELLO e DANIA DIBITONTO
Un bene confiscato che rinasce e un altro sospeso che non riesce a trovare una sua destinazione. È la storia degli immobili di Fano sottratti ad Athos Rosato e Giancarlo Zaffini, tra i protagonisti di un caso di corruzione scoperto tra il 2009 e il 2011 e noto ai fanesi come “Fiscopoli”.
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A quel tempo Rosato è titolare di un’azienda ittica della zona, Zaffini il commercialista che cura i suoi conti. L’imprenditore fanese, che per il suo lavoro è soprannominato il “Re delle vongole”, è nei guai con il Fisco. Con l’aiuto di Zaffini, e una maxitangente da 240.000 euro, Rosato corrompe alcuni membri della commissione tributaria di Pesaro, che ha in mano gli accertamenti fiscali a suo carico: 30 milioni di euro di tasse non pagate. L’imprenditore e il commercialista verranno arrestati nel 2010 e condannati a due anni di reclusione nel 2011. Quattro gli immobili confiscati: un’azienda, un appartamento, una villa e un magazzino. Di questi, dal 1 gennaio 2015, solo uno è diventato parte del patrimonio del comune di Fano, che ora può metterlo a disposizione dei cittadini.
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Via Eustacchio 2: da appartamento privato a bene pubblico. Una targhetta colorata sulla porta, la cameretta per bambini vuota. Nell’appartamento del quartiere residenziale di Sant’Orso non ci abita più nessuno. Fino al 2011 l’ex proprietario, il commercialista Giancarlo Zaffini condannato per concorso in corruzione, lo affittava a una famiglia di quattro persone, madre, padre e due figlie. A partire dai prossimi mesi, saranno tante le persone che calpesteranno i 105 metri quadri al piano terra della palazzina.
Il primo immobile confiscato alla criminalità destinato al Comune ospiterà un progetto di cohousing: le stanze ora vuote accoglieranno i cittadini fanesi senza un tetto sopra la testa. “Fano ha 7000 disoccupati su poco più di 60.000 abitanti, è una città che ha sofferto molto la crisi, un progetto di questo tipo viene incontro alle necessità dei cittadini”, racconta Samuele Mascarin, assessore alla trasparenza e alla legalità e principale referente del progetto.
L’assessore tira su le serrande, la luce avvolge i muri tinti di giallo. Sul campanello c’è ancora scritto il nome del proprietario, in cucina e nei bagni sono rimasti anche gli attacchi per gli elettrodomestici e i sanitari. “Hanno mandato via la famiglia che viveva qui da un giorno all’altro, non sapevano nulla”, racconta una vicina che abita al piano superiore in questa palazzina nel quartiere Sant’Orso. Nello stabile, anche i condomini erano all’oscuro di tutto. “Abbiamo saputo soltanto che l’appartamento era stato confiscato in seguito alla condanna del proprietario”, continua la donna. Poi la proposta del tavolo della legalità e della trasparenza, in cui siedono le associazione del territorio, il Comune e Libera Pesaro e Urbino. “Noi del condominio non siamo d’accordo soprattutto perché per dare spazio a una casa famiglia hanno mandato via la famiglia che ci viveva prima”, conclude la signora. La diffidenza dei condomini sarebbe dovuta, secondo Mascarin, “a una passata esperienza di accoglienza per un campo nomadi”. Ma questa volta le cose andranno diversamente: “Siamo pronti ad ascoltare tutte le preoccupazioni degli altri inquilini del palazzo e a cercare soluzioni condivise”, dichiara l’assessore.
Questa volta sarà la stessa amministrazione a garantire che tutto vada per il meglio Samuele Mascarin, assessore alla Legalità
Via XXV Strada 8: una villa e un magazzino contesi da quattro anni. Il “re delle vongole”, com’è tuttora conosciuto l’imprenditore ittico Athos Rosato, condannato nel 2011 per corruzione, viveva nella zona industriale di Fano. La sua vecchia villa a Bellocchi, 140 metri quadri più un capannone, ora non appartiene né a lui, né a nessun altro.
Ipotecata dalla Banca nazionale del Lavoro di Fano a garanzia di un prestito concesso a Rosato per la sua azienda – la Ittica Bellocchi Spa – al momento della confisca la casa era già sulla via del pignoramento. L’immobile è diventato così oggetto di un braccio di ferro tra il comune di Fano e la banca: da un lato la volontà dell’amministrazione di riutilizzare l’immobile, dall’altro la necessità per l’istituto di credito di rivalersi sul patrimonio di Rosato per riavere indietro il prestito.
Nel 2012 la questione si è spostata in tribunale, dove una sentenza di primo grado ha dato ragione al Comune. “L’ipoteca iscritta dalla banca è stata definita illegittima – spiega l’avvocato del Comune, Federica Panicali – la Bnl sapeva che Rosato avrebbe potuto essere insolvente e per questo il giudice ha ritenuto sospetta l’azione dell’istituto nei confronti del suo cliente”.
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Ma non è finita. Lo stesso Rosato, che con quell’immobile spera ancora di pagare il suo debito, ha appena fatto ricorso in appello: “Se la casa fosse destinata in via definitiva al Comune – chiarisce il suo legale, Francesco Coli – l’imprenditore non avrebbe più nulla con cui restituire il valore del mutuo, quasi due milioni di euro, alla banca”.Oggi il destino della villa di via XXV Strada è nelle mani della Corte d’appello. “Non possiamo dare un’indicazione temporale per il riutilizzo di questo immobile, poiché tutto è condizionato da una pluralità di variabili sulle quali non è dato fare previsioni”, conclude l’avvocato Panicali. Nel frattempo, l’Istituto vendite giudiziarie è stato nominato custode del bene. Per il dottor Pietro Celani, responsabile del Servizio risorse umane e tecnologiche del Comune, “il vero scandalo non è il caso di corruzione che sta dietro alla confisca dell’immobile, ma il fatto che a quattro anni di distanza sia ancora tutto fermo, e il bene inutilizzato”.