Viaggio alla scoperta di Giancarlo De Carlo: due giorni tra le opere urbinati dell’architetto

di Nicola Petricca

URBINO – La piazza sgombera da auto, la collina delle Vigne cava e riempita con un parcheggio per gli autobus mimetizzato con il verde e un camminamento che, da Porta Valbona, porta fino ai Collegi passando per la la Fortezza. Questo era il Borgo Mercatale che l’architetto Giancarlo De Carlo sognava di poter donare a Urbino. Ma la realizzazione della rimessa fu fermata sul nascere, del camminamento fu costruito solo un tratto e il sogno dell’architetto di rendere la piazza del borgo un’area pedonale e di accoglienza per chi arrivava da Roma, di “amplificare la vocazione naturale del luogo” naufragò. Ora il Mercatale si presenta esattamente come De Carlo non voleva che diventasse: un parcheggio a cielo aperto.

L’intervento dell’architetto genovese, scomparso ormai quasi undici anni fa, ha segnato un prima e un dopo nella storia recente di Urbino. Eppure l'”Operazione Mercatale”, uno dei punti cardine del suo progetto per la città, non è mai stato realizzato. Almeno, non interamente.

Due giorni per riscoprirlo. Proprio per rileggere l’opera che l’architetto ha realizzato nella città ducale la Fondazione Ca’ Romanino ripeterà quest’anno un’esperienza già proposta a cavallo tra 2013 e 2014: “Ri-Leggere Giancarlo De Carlo, maratone di lettura pubblica nella città di Urbino”. L’iniziativa prevede una serie di eventi, di cui il primo sarà nel weekend dell’11 e 12 marzo. Il filo conduttore sarà una maratona di lettura affidata agli studenti universitari, guidata dai docenti membri della fondazione e accompagnata da visite alle opere dell’architetto. Sarà anche presentato il cortometraggio L’architetto di Urbino, di Emanuele Piccardo, sulla vita di De Carlo. A ogni evento saranno invitati diversi atenei e il coinvolgimento riguarderà università sia italiane che straniere.

Ca-Romanino

Ca’ Romanino

La sede della fondazione non è casuale. Ca’ Romanino è una delle opere di De Carlo, ma, a differenza delle altre, si trova lontano dal caos della città, per quanto possa essere caotica Urbino, lungo la strada che porta a Schieti. La casa prende il nome dalla collina su cui sorge e l’architetto la costruì per il suo carissimo amico Livio Sichirollo, professore dell’università di Urbino e per lungo tempo assessore all’urbanistica. Nel 2002 a Ca’ Romanino è nata l’associazione omonima, diventata fondazione nel 2013, che ha come scopo la conservazione e la valorizzazione dell’architettura moderna di Urbino e dell’opera di De Carlo. È composta da studiosi, accademici, studenti, appassionati di architettura e ha sede proprio nella casa dei Sichirollo. Tra gli obiettivi dichiarati della fondazione c’è anche la realizzazione dell’Osservatorio, l’ultimo progetto, incompiuto, di De Carlo.

L’arrivo nella città dei duchi. La prima volta che De Carlo arrivò a Urbino, all’inizio degli anni ’50, fu accompagnato dall’allora rettore dell’Università ducale, Carlo Bo, che aveva conosciuto a Milano durante la Seconda guerra mondiale. “Arrivati alla curva di Trasanni, a quattro chilometri da Urbino, Bo ha chiesto all’autista di fermarsi – racconta l’architetto nel libro Conversazioni con Giancarlo De Carlo scritto da Franco Buncuga – siamo scesi e si vedeva lontano il profilo meraviglioso della città, circondato dalla più quattrocentesca delle campagne. ‘Questa è la vera Italia’, mi ha detto Bo e ho visto subito che così era, senza alcun dubbio”. Gli bastarono pochi anni per legare il proprio nome alla città marchigiana.

E proprio l’università è stato il primo “laboratorio” urbinate di De Carlo, poi è arrivato il rinnovamento dell’illuminazione pubblica in centro, il progetto di espansione della città verso la zona di Piansevero, i Collegi nella zona del Colle dei Cappuccini e tante altre ancora.

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Nuove abitazioni, collegi universitari, recupero di edifici storici e quartieri: sono le fasi del lavoro di De Carlo a Urbino, un’opera lunga mezzo secolo, ma percorsa da un unico filo conduttore che è il legame dell’architetto con la storia. “Dal restauro del Teatro Sanzio all’intervento al Mercatale la sua idea era di legare il passato al futuro – racconta al Ducato Tiziana Fuligna, autrice del libro Una giornata a Urbino con Giancarlo De Carlo – e non doveva per forza trattarsi del lontano passato rinascimentale della città, in alcuni casi era anche quello di pochi anni prima e scomodo del fascismo”.

Dipartimento di Economia, interno della torre

Dipartimento di Economia, interno della torre

La sinergia con il Rettore. Se il rapporto con il Comune non è stato continuativo, quello con l’università non si è mai interrotto. Se De Carlo è rimasto legato a Urbino è soprattutto grazie a Carlo Bo. L’allora rettore aveva individuato in De Carlo la figura adatta per ridisegnare l’università, ambiente che l’architetto definiva “il luogo in cui si diventa uomini”. “Bo aveva capito che per ristrutturare l’università bisognava partire dagli spazi – spiega Fuligna – alla base di questo c’era l’idea, condivisa con De Carlo, che l’architettura può e deve cambiare la società”. La sintonia tra i due è stata sottolineata dallo stesso De Carlo che, sempre nelle Conversazioni, definisce la collaborazione con Carlo Bo “la migliore che un architetto possa desiderare. Lui parla pochissimo, ma ha le idee chiare e ha anche molto coraggio”.

Un fratello nato 500 anni prima. A Urbino De Carlo non scopre solo la bellezza del luogo, ma anche un suo “collega” che aveva operato mezzo millennio prima di lui: Francesco Di Giorgio Martini. De Carlo se ne innamora subito: delle sue soluzioni, del suo intervento urbanistico, studia i segni che aveva lasciato e riconosce la sua mano anche nel Palazzo Ducale. Lo cita in continuazione nelle scale e nelle rampe che realizza e restaura. Arriva anche a definirlo “suo fratello”. Si ispira a lui e sviluppa la propria opera come una continuazione di quella del maestro rinascimentale. E spesso capita che il suo lavoro interagisca con gli interventi realizzati cinque secoli prima da Francesco di Giorgio.

De Carlo riscopre e restaura la rampa elicoidale interna al torrione del Teatro Sanzio che era stata realizzata da Francesco Di Giorgio e lo fa basandosi sui suoi progetti. Sempre nella zona del Mercatale, il terrapieno sotto cui si trova il parcheggio sotterraneo fu progettato dallo stesso architetto rinascimentale. Infine, il lucernario del nuovo Magistero di via Saffi, una delle più note opere di De Carlo, si affaccia sulla collina di San Bernardino ed è visibile solo da lì. Non un caso perché il Mausoleo dei Duchi, che si trova proprio su quella collina, è stato realizzato da Francesco Di Giorgio Martini.