Aufreiter: “Andare all’estero è fondamentale. Ma a palazzo Ducale nessuno parla l’inglese”

Il pubblico della giornata di studi nella sala lettura della Scuola di lingue
di DANIELE ERLER

URBINO – “Bisogna andare all’estero, imparare dalle altre mentalità. Vedere come funziona il mondo è l’unico modo per riuscire un giorno a cambiare le cose anche in Italia. L’Erasmus dovrebbe essere un obbligo non una possibilità”. L’austriaco Peter Aufreiter è oggi il direttore della Galleria nazionale delle Marche, fra i pochi stranieri che dirigono un importante museo italiano. In passato ha trascorso l’Erasmus proprio a Urbino, dove ha anche conosciuto la donna che sarebbe diventata sua moglie.

Secondo Aufreiter solo le competenze internazionali possono guidare lo sviluppo di una realtà importante e complessa come palazzo Ducale. “Eppure all’interno del mio museo posso contare solo su poche persone, con poco senso del marketing. E nessuno di loro parla inglese. Per questo per portare avanti molti progetti devo rivolgermi a esterni”.

Aufreiter è stato fra i relatori in una giornata di studi organizzata alla Scuola di lingue e letterature straniere, lunedì 8 maggio. Nella sala lettura dell’istituto si è discusso su come, soprattutto per le discipline umanistiche, spesso le esperienze internazionali siano un requisito indispensabile per essere competitivi nel mercato del lavoro.

Trent’anni di Erasmus

Sono passati trent’anni dalla nascita del programma Erasmus che garantisce la mobilità studentesca nell’Unione Europea. Fabrizio Maci è responsabile dell’Ufficio relazioni internazionali dell’Università di Urbino. Assunto proprio trent’anni fa, perché nel 1987 nessuno parlava inglese nell’amministrazione dell’intera Università.

“Ai tempi le cose erano molto diverse, partivano pochi studenti all’anno e non c’erano certezze sul riconoscimento dei crediti. Nel tempo le cose sono migliorate e nel 2017 – spiega Maci – quasi 400 studenti di Urbino hanno aderito a Erasmus. L’università di Urbino ha attivato più di 100 accordi bilaterali con atenei di tutta Europa. E secondo gli esperti chi è stato in Erasmus ha il 30% in più delle possibilità di trovare lavoro”. L’Erasmus è tanto importante che, come dice Luca Renzi, delegato Erasmus per il dipartimento di Lingue, “dopo le selezioni ogni anno ci sono fra i 5 e i 10 ricorsi presentati da chi non è stato ammesso”. Con una curiosità: “Sempre più spesso non sono gli studenti a fare ricorso ma i loro genitori”.

“Erasmus è il programma di maggior successo dell’Unione Europea – aggiunge Fabrizio Maci – ma sul suo futuro ci sono gli stessi dubbi che abbiamo sulla tenuta europea. E ancora non sappiamo se dopo Brexit la Gran Bretagna lascerà anche l’Erasmus”.

Undici università da tutta Europa, compresa Urbino

Come dice Aufreiter, il contatto fra realtà internazionali è il modo migliore per “imparare dalle altre mentalità”. Parte da questo concetto anche Talc-me (Culture testuali e letterarie nell’Europa medievale), un progetto interuniversitario – finanziato sempre dall’Unione Europea attraverso Erasmus – e coordinato dall’Università di Mainz, in Germania. Dal 2014 e fino al prossimo agosto 2017 ha unito undici università da tutto il mondo, compresa quella di Urbino.

L’idea è di creare uno spazio di confronto fra queste realtà universitarie. Per selezionare alcune “buone pratiche” che possano essere prese d’esempio ed esportate in altri contesti. Ma in questi anni sono stati organizzati anche dei seminari di studio intensivo. Vi hanno partecipato alcuni docenti delle 11 università e tre studenti da ognuno degli istituti coinvolti.

MartinaAlessandra Eleonora sono tre studentesse di Urbino. Hanno preso parte all’ultima edizione del seminario di Talc-me. “Il confronto fra studenti di tutta Europa ci ha arricchito – spiegano – ci siamo trovate ad affrontare i problemi in maniera innovativa”.

Sono l’esempio concreto di come investire sulla formazione internazionale possa davvero fare la differenza. Ne è convinto anche Stefano Raia, coordinatore del Centro per l’impiego, orientamento e formazione di Urbino. “Dobbiamo essere chiari – dice Raia – il mercato del lavoro in Italia fa fatica a metabolizzare i nostri laureati. A tre anni dalla laurea trovano lavoro in Italia il 52% dei laureati, in Germania il 93%”. Per fare la differenza bisogna “saper coltivare il proprio talento, rischiare e rispondere a soluzioni nuove”. E per riuscirci l’esperienza all’estero è fondamentale.