Visitare il museo di Napoli grazie a un videogame: Father and son, app da quasi un milione di download

di FEDERICA OLIVO

FANO –  Si chiama “Father and son” e da quando è stato lanciato – ad aprile 2017 – è stato scaricato da circa 950.000 persone. Il videogioco – una app gratuita su play store – racconta una storia: quella di un padre e di suo figlio che non si sono mai conosciuti. Comincia tutto con una lettera del genitore (un archeologo) al giovane, nella quale lo invita a recuperare i suoi appunti nell’ufficio del museo Archeologico di Napoli. E qui comincia l’avventura, che porterà il visitatore virtuale attraverso le stanze e i reperti che vi sono custoditi, alla scoperta della storia della città.

A parlarne, al Festival del giornalismo culturale, è stato uno dei suoi ideatori: Ludovico Solima, docente di management delle imprese culturali all’Università della Campania Luigi Vanvitelli. Ha progettato il videogame insieme al direttore del museo, Paolo Guglierini. Father and son è un esempio di “gamification”, coinvolgere il lettore o l’utente di un servizio attraverso, appunto, il gioco. Si tratta, a detta dei suoi ideatori, del “primo videogioco pubblicato da un museo archeologico”.

Ludovico Solima Pietro Del Soldà e Michele Mezza sul palco del Festival del giornalismo culturale a Fano

“Il gioco è stato prodotto in due lingue, italiano e inglese – ha raccontato durante l’incontro dal titolo “Una vetrina per le buone pratiche”, moderato dal conduttore radiofonico Pietro Del Soldà, al quale ha partecipato anche il giornalista Michele Mezza – ma, dato il successo che ha riscosso, puntiamo a farne versioni anche in altre lingue. È un’esperienza virtuale che guida chi non è mai stato al museo tra le sue gallerie, in una dimensione non solo didattica ma soprattutto emozionale. Sfondo del gioco sono Napoli e la sua storia”.

L’app è gratuita ma offre contenuti maggiori a chi decide di andare a visitare il museo di persona: “Se si viene geolocalizzati all’interno della galleria – ha spiegato Solima – si ricevono contenuti addizionali”. Una strategia, questa, per incentivare le persone a scoprire il museo non solo in maniera virtuale e che sta dando i suoi frutti.

“In passato molte persone non andavano a visitare i luoghi d’arte perché li consideravano poco fruibili – ha continuato Solima – negli ultimi tempi, però, anche le istituzioni culturali hanno iniziato ad ascoltare i visitatori e a dialogare con il pubblico utilizzando un linguaggio più accessibile. È anche per questo se oggi si registra un notevole aumento di ingressi nei luoghi storici e culturali”. E in questo avvicinamento di un pubblico sempre maggiore ai musei, la tecnologia ha svolto, secondo Solima, un ruolo fondamentale.

Per Michele Mezza, invece, l’incremento di visite nei musei è dovuto a un altro fattore: “La digitalizzazione è la risposta a una domanda, ma non è la causa del boom di visite nei musei. Se negli ultimi anni molte più persone scelgono di andare alla Reggia di Caserta o a Capodimonte è perché è aumentato il livello medio di istruzione, non solo in Italia ma in tutto il mondo”, ha sostenuto.


Il giornalista ha poi messo in rilievo quelli che secondo lui sono i rischi del digitale: “Il vero pericolo è che le intelligenze digitali condizionino il nostro comportamento. Dobbiamo chiederci come interagire con questo fenomeno. A me spaventa il fatto che il 52% dei contenuti che si trovano in rete non sono prodotti dall’uomo. Avremmo almeno il diritto di sapere se quello di cui fruiamo sul web ha un’origine umana. Un’altra cosa che non tutti sanno è che l’87% dei videogiochi è stato creato utilizzando sempre gli stessi algoritmi”.


Anche Pietro Del Soldà si è chiesto se la digitalizzazione della cultura non possa diventare un rischio. Da parte del conduttore radiofonico, poi, un’analisi di come il web, e lo sviluppo tecnologico in genere abbiano consentito alla radio “di non morire, anzi, di rifiorire”. Uno strumento che, secondo Del Soldà, ha permesso alla radio di “reinventarsi” è il podcast, che permette agli ascoltatori che hanno perso una puntata del loro programma radiofonico preferito e che, più semplicemente, vogliono riascoltarlo, di scaricarne da internet la registrazione.

L’introduzione di nuove tecnologie, però, non ha comportato l’abbandono dei metodi tradizionali nella conduzione radiofonica. Un esempio per tutti: l’interlocuzione con gli ascoltatori attraverso le telefonate. Una pratica, questa, che avvicina le persone non solo all’attualità ma anche alla cultura: “È proprio l’interazione con chi ci ascolta – ha sostenuto Del Soldà – che consente di sfondare la barriera che, a volte, si crea tra l’approfondimento culturale e l’informazione”.