Lavoro, nella provincia di Pesaro-Urbino raddoppiano i giovani disoccupati

Un operaio prepara i materiali per la lavorazione
di LORENZO CIPOLLA

URBINO – Dal 2013 al 2016 i disoccupati tra i 25 e i 34 anni nella provincia di Pesaro-Urbino sono raddoppiati, passando dal 9,52% al 20,26%. Una percentuale superiore alla media nazionale, che si attesta al 17,66% e non ha subìto particolari variazioni nello stesso periodo di riferimento. I dati sono stati pubblicati dall’Istat, che ha preso in considerazione i disoccupati che cercano lavoro ma non lo trovano.

Il ‘primato’ per la disoccupazione giovanile più alta in regione spetta alla provincia di Ascoli-Piceno, dove ha superato il 24% aumentando, però, di soli tre punti percentuali.

La crisi economica che ha colpito l’Italia ha danneggiato anche le Marche. Tra il 2013 e il 2016 le imprese marchigiane registrate – quelle iscritte al registro delle imprese della Camera di commercio, che hanno aperto la partita Iva ma non comunicano se sono operative – sono diminuite di 3.280 unità, passando da 175.617 a 172.337 (-1,8%). Un calo minore rispetto a quelle attive, ovvero le imprese registrate che annualmente comunicano la propria attività, che sempre nel periodo di riferimento ne hanno perse 4967: da 155.844 sono scese a 150.877 (-3,1%).

Nella nostra provincia le imprese registrate perse dal 2013 al 2016 sono state 676: da 41.745 a 41.069 (-1,6%). Anche in questo caso quelle attive hanno avuto la peggio: il saldo negativo è di 1.057 imprese in meno, da 36.777 a 35.720 (-2,8%). I settori più in crisi sono quello edile e quello manifatturiero.

Da questo settore vengono però anche alcune note positive, con produzione e vendite in aumento. Secondo la segretaria generale della Cgil di Pesaro e Urbino Simona Ricci il settore manifatturiero è riuscito a creare nuovamente occupazione, ma precaria: “Si utilizzano molto i contratti a termine e quelli a somministrazione di manodopera, l’ex lavoro interinale in seguito alla riforma Fornero del 2011, che possono avere una durata anche settimanale”.

Le buone notizie dal settore manifatturiero non convincono il direttore della Confcommercio provinciale Amerigo Varotti, secondo il quale “i ‘mali’ della provincia sono legati a una visione ristretta del mercato, a una scarsa innovazione. Le imprese non investono in ricerca e formazione. Nel nostro territorio, poi, non si stanno creando le premesse per assumere nei settori che possono dare occupazione ai giovani, ovvero terziario, turismo e cultura. Secondo Varotti questa scarsa lungimiranza spiega anche come nelle Marche settentrionali la disoccupazione giovanile sia più alta rispetto alle zone colpite dal terremoto: “Lì il tessuto produttivo ha investito nel settore della carta e della moda vendendo nei mercati internazionali come quelli russo, cinese e statunitense”.

Secondo Ricci un altro fattore importante è lo scarto qualitativo tra l’offerta e la domanda: “Da noi le piccole e piccolissime imprese cercano lavoratori non qualificati ma si rivolgono a chi è almeno mediamente qualificato”.