URBINO, 8 MAR. – Era agli arresti domiciliari per furto ma i Carabinieri per ben tre volte non lo hanno trovato a casa sua, a Vallefoglia, durante la visita di accertamento. La prima volta perché si trovava nell’orto, la seconda era uscito per portare i documenti al figlio, fermato dai Vigili. Questi due episodi gli sono costati il processo per evasione a Giuseppe Calò, dopo la condanna per furto del febbraio 2014. A raccontare i fatti in Tribunale è stato il comandante dei carabinieri della stazione di Sassocorvaro Claudio Manconi, testimone chiamato dal Pubblico ministero Enrica Pederzoli.
La prima visita risale al 31 maggio del 2014. I carabinieri non hanno trovato Calò in casa. Il figlio ha spiegato che il padre si trovava nell’orto, a 300 metri circa di distanza dal condominio dove abitano. Pochi giorni più tardi, il 6 giugno, i carabinieri hanno effettuato un secondo controllo a casa dell’imputato. Questa volta, ad accoglierli in casa c’era la moglie. “Ci ha detto che Calò era uscito perché nel frattempo il figlio era stato fermato dai Vigili e non aveva i documenti e doveva portarglieli” spiega Manconi. Dopo un quarto d’ora, Calò era rientrato assieme al figlio e accompagnato dalla Pplizia municipale.
La terza ‘evasione’ a processo già iniziato. Durante la deposizione, il comandante Manconi ha precisato che l’imputato era a casa del fratello, condannato anche lui a domiciliari per furto. E a quel punto è scattato l’arresto
L’imputato, difeso dall’avvocato Elena Arduini, non era presente in aula. Il giudice Paolo Cigliola ha rinviato l’udienza al 15 gennaio del 2019 alle 12. (m.d.r.)