Urbino: denuncia l’amante della compagna per stalking

di ANTONELLA M. A. MAUTONE

URBINO – Stalking, minacce, violenza. Sono le accuse che un uomo della provincia di Pesaro-Urbino ha rivolto contro l’ex amante della sua compagna, nonché suo ex migliore amico. Ma il processo in corso davanti al tribunale di Urbino, durante il quale l’uomo si è costituito parte civile e ha chiesto un risarcimento da 100 milla euro, è solo l’ultima puntata di una battaglia legale fatta di accuse reciproche e denunce incrociate che vede la donna, il compagno e il padre opporsi all’ex amante di lei.

La storia inizia nel 2008, quando l’imputato avvia una relazione clandestina con una donna anch’essa proveniente da un paesino dell’urbinate, all’insaputa dei rispettivi compagni. Dopo due anni, nel 2010, lei rimane incinta.

La donna continua la relazione sia con con il suo convivente che con il suo amante mentre il bambino viene riconosciuto dal primo. Secondo l’avvocato della difesa, Manuela Iappelli, l’imputato avrebbe chiesto più volte di fare parte della vita del bambino, che crede sia suo. La madre però ha sempre rifiutato di sottoporre il figlio al test del Dna. Al contrario, secondo l’avvocato della parte civile, Giorgia Spina, l’imputato non avrebbe mai fatto richiesta per vederlo: “Nessuno ha mai messo in dubbio la paternità del bambino, lo usa solo come pretesto per minacciare la sua ex amante”, afferma il legale.

Nel 2012 la relazione viene a galla. Nello stesso anno partono le prime denunce reciproche tra l’imputato e l’amante con il suo compagno. La coppia accusa l’uomo di stalking, minacce e calunnia. L’amante, invece, mette volontariamente della droga nella macchina dei due, avvisando i carabinieri. L’accusa di detenzione di stupefacenti cade perché la donna dimostra che a mettere la droga in macchina è stato il suo ex amante, che le ha mandato un sms per annunciarle i suoi propositi. In un’altra occasione l’ex amante spacca con un martello il lunotto della macchina del rivale.

L’uomo decide di patteggiare e pagare un risarcimento di 35.000 euro ai due. Ma continua a minacciare e perseguitare la coppia e viene condannato a scontare tre mesi agli arresti domiciliari.

Dopo il pagamento la donna ritira le accuse. L’avvocato della parte civile afferma che lo ha fatto perché temeva per “incolumità del figlio e del proprio compagno”. La donna non avrebbe mai voluto ricominciare una relazione, ma avrebbe accettato ingenuamente di ritirare tutto per “tenerselo buono”. La difesa sostiene invece che la relazione tra i due sia continuata durante il processo penale e che lei lo abbia denunciato ogni volta che “si stancava” dell’amante.

Nel 2013 la donna accusa l’ex amante di sequestro di persona: l’uomo sarebbe salito nella sua macchina e l’avrebbe condotta in un altro posto “per parlare”. “Il mio assistito voleva solo dei chiarimenti”, afferma l’avvocato difensore. Durante questo episodio l’imputato avrebbe minacciato la donna (ci sono i messaggi che lo dimostrano, sostiene la parte civile) di far rapire il bambino se lei non fosse tornata con lui.

Nel gennaio 2014, l’uomo riceve tre denunce di stalking da parte dell’amante, del padre di lei e del compagno. Secondo i querelanti lui si sarebbe avvicinato alla loro macchina minacciandoli e dicendo: “Siete tutti morti”.

Nel 2016 l ’imputato avrebbe anche picchiato il padre della donna. In seguito alla nuova denuncia, per lesioni, si è svolto un processo a Pesaro e l’aggressore è stato condannato a un anno e due mesi. La sentenza è stata impugnata e il procedimento è pendente ad Ancona.

Nel frattempo il processo di Urbino, in cui l’uomo è accusato di stalking dal compagno della sua ex amante è arrivato a conclusione.

Gli “atti persecutori” perpetrati dall’imputato, durati anni, avrebbero costretto il compagno della donna ad intraprendere un percorso di psicoterapia”, sostiene il suo avvocato.

Tesi contestata dalla difesa:”Si è rivolto ad uno psicologo già dal 2012 e non a causa del mio assistito, ma perché ha scoperto i continui tradimenti della compagna e il fatto che probabilmente il figlio che ha cresciuto non è davvero suo”.

“Questo è l’esempio di come un uomo può rovinarsi la vita per una donna. Lui voleva solo realizzare il suo sogno di restare con la persona che amava. Se deve esserci condanna, si deve tenere conto della complessità della vicenda e del fatto che lui ha pagato per i suoi reati ed è andato lontano per dimenticare” , ha sostenuto l’avvocato della difesa in aula.

Diverse le conclusioni della parte civile: “Questo è un uomo che non sa accettare un rifiuto e invece che credere che una donna non lo voglia più preferisce pensare che sia tutto un complotto contro di lui organizzato dall’ex rivale e dal padre della sua amante”.

A decidere l’esito del processo, in cui la pubblica accusa è rappresentata dal pm Enrica Pederzoli, sarà il giudice Andrea Piersantelli. La sentenza è attesa per il prossimo mese di maggio.