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Le aziende non assumono, i giornalisti si fanno impresa

di    -    Pubblicato il 11/12/2009                 
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Ugo e Giorgio sono due giovani professionisti con un’idea in testa: il giornalismo può diventare impresa partendo dal basso. Circa quattro mesi fa hanno deciso di creare una piattaforma web per far incontrare la domanda e l’offerta di contenuti giornalistici professionali anche al di fuori delle grandi testate tradizionali: un giornalista produce un’inchiesta, ne pubblica un estratto e la mette all’asta sul sito, chi paga meglio e più velocemente ha l’esclusiva su quella notizia e il sito prende il dieci per cento.

Si chiama To Report, “riferire, riportare” in inglese ed è solo uno di una serie di progetti che in questo periodo stanno nascendo in Italia per organizzare e rifondare dal basso il mestiere del giornalista, indebolito dalla crisi del settore. Il Ducato online ne ha contati almeno cinque, nati nel giro di pochi mesi: vere e proprie piattaforme che intermediano la domanda e l’offerta, come To Report, o organizzazioni più o meno strutturate di giovani free lance. Insomma sembra che un giornalismo “diverso” non sia impensabile e che qualcuno in Italia stia provando a realizzarlo.
Il progetto To Report, un’impresa con molti investimenti finanziari e cinque soci, è nato durante i turni di notte all’Agenzia Italia di Ugo Barbàra e Giorgio Baglio: “Il principio è facile – spiega al Ducato Barbàra – Se un giornalista per piazzare un pezzo deve proporlo personalmente a un quotidiano e aspettare una risposta, perde un sacco di tempo. Il pezzo diventa vecchio. Invece così il meccanismo è veloce”. E’ stato lanciato a novembre e ora attende la verifica del mercato. (Guarda qui il loro progetto in alcune slides).

Un’idea simile l’hanno avuta quelli di Pulitzer. Anche questa è una piattaforma digitale che ospiterà inchieste, servizi d’iniziativa, notizie. Il progetto di business però è basato sul community funded reporting, ossia la produzione di contenuti giornalistici finanziata dalla community: la redazione, il giornalista o addirittura il fruitore del prodotto propongono un’inchiesta, un approfondimento. Parte un’asta preliminare nella community, nella quale si verifica l’interesse verso la realizzazione di quel prodotto e l’investimento necessario. Poi i giornalisti pubblicano una loro proposta che presenta e spiega in che modo vorrebbero svolgere il lavoro. Da lì parte la vera e propria asta. Una volta conclusa, il giornalista riceve quanto stabilito e Pulitzer prende il dieci per cento. Un sistema mutuato direttamente dall’esperienza americana di Spot.us, che ha recentemente piazzato un’inchiesta sul New York Times.

“Il nostro sistema crea concorrenza e non tutti lo gradiscono”, spiega Nicola Boccardi, uno degli ideatori. “Quando ho parlato del progetto la prima volta al Festival di Perugia i professionisti presenti mi hanno osteggiato. In un momento non roseo come questo, noi offriamo l’opportunità di fare un giornalismo più libero. Del resto i grandi giornali sono legati mani e piedi all’editore”. L’attivazione di Pulitzer, che in questo momento non ha un sito pubblico, è prevista per la fine di gennaio, almeno in via sperimentale.

To Report e Pulitzer sono progetti molto costosi, che hanno o hanno avuto bisogno di importanti finanziamenti per la loro creazione e che avranno bisogno di ingenti risorse per la manutenzione: nel caso di To Report ci sarà bisogno di una banda larga molto veloce; di un tecnico che verificherà costantemente il funzionamento dei server; di un gestore del flusso che regoli il traffico inopportuno e lo spamming. Antonio Rossano, per Pulitzer, ha recentemente chiesto un aiuto finanziario e di marketing a Telecom (guarda il video di presentazione del progetto al Working Capital). Ma ci sono anche giovani freelance che si organizzano in modo da sostenere insieme i costi, comunque meno forti. Si sono dati nomi come Il Carattere, Fps Media, Il Picco.

Il Carattere, ad esempio, per adesso è ancora un blog gratuito dietro al quale c’è un’idea che unisce cinque giornalisti e che porta molto più lontano. “E’ partita quando ho visto la cooperativa Smart News – spiega Federico Formica – e mi era piaciuta l’idea del service, una sorta di agenzia giornalistica dove il reporter pubblica parte dell’inchiesta e con un meccanismo di offerte la testata la compra. Solo che la cooperativa per noi adesso è troppo cara”. I giornalisti avevano dei contenuti già pronti e il blog era un modo veloce ed economico per pubblicarli subito. Ma il blog si trasformerà presto in un sito con un proprio dominio, da usare come vetrina delle proprie inchieste.

Per adesso il lavoro su Il Carattere è collaterale alle collaborazioni che ognuno degli autori ha con altre testate. Eppure già un paio di servizi sono stati ripresi da Antefatto (il sito web del Fatto Quotidiano) e da Alessandro Gilioli sul suo blog dell’Espresso, dove la notizia ha ricevuto oltre 2.300 visite in un solo giorno. In un momento come questo vendere è complicato e Il Carattere punta sulla pubblicità per rientrare delle spese. Intanto il materiale viene spedito alle testate, una mailing list con duecento contatti.

C’è, invece, chi la cooperativa di service l’ha costituita da subito. Si chiama FPS Media ed è stata fondata da 18 giornalisti, quasi tutti ex allievi della scuola di giornalismo De Martino di Milano. Il lancio vero e proprio avverrà il prossimo gennaio, ma il sito è già online, ha una pagina su Facebook e canali su Twitter e Friendfeed. Su Facebook, dove ha già oltre 350 fan, promuove le sue ultime iniziative e i progressi dello start-up. L’agenzia ha già fornito contenuti a Radio24 e ad alcuni house organ (cioè bollettini e riviste interni alle aziende). Il principio che muove la cooperativa è che ci sia bisogno di professionalità capaci e di spazi nuovi sui quali operare. La “freschezza” e la gioventù dei soci, la loro capacità di lavorare su tutti i mezzi tecnologici rappresentano un valore aggiunto. La grande sfida, spiegano, è sapersi “vendere”, saper fare anche marketing sulla propria attività giornalistica.

Altri cinque giovani giornalisti hanno creato ilPicco.it, definendolo un “portale d’informazione, attualità, politica e cultura”. Il loro scopo è mettere al servizio dei lettori competenza e professionalità. “Non più solo inchieste e servizi realizzati per giornali e network televisivi – si legge nel sito – ma anche la possibilità di pubblicare online i risultati di indagini proposte e sostenute dai cittadini, senza condizionamenti o pressioni editoriali”. Le notizie non sono prodotte ogni giorno, come si può vedere dal sito, il che fa pensare che per i giovani giornalisti quella de ilPicco.it sia ancora un’attività collaterale rispetto alle occupazioni principali di ciascuno.

Dall’altra parte dell’oceano il famoso editorialista Jeff Jarvis, sul suo blog BuzzMachine, sostiene da tempo che “il futuro del giornalismo è imprenditoriale”. In Italia, a quanto pare, lo sta diventando anche il presente.

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