URBINO – Il fact checking arriva anche in Italia. Nel 2012, gli utenti della rete avranno a disposizione uno strumento per la verifica delle informazioni e potranno esserne parte attiva. L’idea è in cantiere alla Fondazione Ahref, nata dall’ottobre 2010 per migliorare la qualità dell’informazione online.
“Si tratta di un meccanismo di collaborazione – dice Giancarlo Sciascia, community manager della fondazione – aperto a tutta la rete. Ci saranno frasi, documenti o eventi da monitorare e verranno valutati dagli utenti. E chiunque voglia aggregarsi può dare il suo contributo”. Ogni valutazione comporta la presentazione di dati o fonti che avvalorano la verità o la smentiscono fino ad ottenere un risultato partecipativo: attendibile, non attendibile o con una percentuale di attendibilità.
Il progetto nasce sulla falsa riga del sito Politifact made in Usa, dove la pratica del fact checking si è affermata negli anni ’30. “Il nostro progetto – puntualizza Sciascia – introdurrà anche altri elementi, ma è presto per entrar maggiormente nel dettaglio”.
La piattaforma di verifica diventerà uno dei pilastri della Fondazione Ahref andando ad affiancare, oltre a studi di sociologia applicata a internet e progetti di educazione all’uso e alla consapevolezza dei nuovi mezzi di comunicazione, un serie di strumenti già esistenti nelle loro versioni beta. Si tratta di Timu, Wavu e iData.
Timu, che in Swahili significa ‘squadra’, è un ‘organizzatore’ di contenuti multimediali (come Dipity o Storify) per persone, associazioni e comunità allo scopo di sviluppare delle inchieste o a raccontare delle storie che contribuiscono all’informazione civile attraverso un metodo comune di raccolta delle informazioni.
Wavu, ‘rete’ sempre dal Swahili, è invece un aggregatore per navigare tra le discussioni sull’informazione di qualità e sul citizen journalism, fra blog, giornali, social network, con la possibilità di ricercare per località o tematiche.
E infine iData, la bozza della prima piattaforma italiana open source per il giornalismo basato sui dati. La piattaforma, interamente in licenza creative commons, sarà collegata alle community che potranno collaborare per la raccolta, produzione ed elaborazione dei dati.
Unica clausola per utilizzare questi strumenti è accettare il metodo di raccolta delle informazioni promosso dalla fondazione. La metodologia utilizzata si divide in quattro parti:
- Accuratezza: attribuire correttamente fatti e nomi e verificare i dati e le loro fonti;
- Imparzialità: evitare posizioni preconcette;
- Indipendenza: rendere pubblica la presenza di interessi personali;
- Legalità: rispettare il diritto alla privacy degli altri e non copiare.
La Fondazione invita chiunque sia di opinioni affini di esplicitarlo pubblicando sul suo blog il logo di Timu.
Il ‘bollino’, una specie di autocertificazione, ha però suscitato un dibattito vasto – partito da un articolo sul Fatto quotidiano – incentrato sulla necessità dei blogger di poter esprimere “imparzialmente” la loro opinione. Polemica a parte, il metodo della Fondazione Ahref tenta di dare una risposta al problema dell’affidabilità delle notizie online.