URBINO – “Un uomo che legge ne vale due”. Così parlava l’editore Valentino Bompiani, lanciando una provocazione e al tempo stesso una sfida. Quella dell’interesse per la cultura, che è prima di tutto vita ed esperienza di crescita. Dal suo tempo le cose sono cambiate parecchio.
QUALI SPAZI PER LA CULTURA?
La nota terza pagina è ormai un vecchio, caro ricordo delle pagine dei quotidiani e sono poche le testate che dedicano ancora un adeguato spazio, su carta, all’informazione culturale. E quando questo c’è, è più facile che a esprimersi siano professori universitari, accademici ed esperti del settore. La carta è uno spazio chiuso, spesso per pochi, costruito in modo definito, non plasmabile. Così, in tanti hanno deciso di intraprendere nuove strade.
VERSO NUOVI LINGUAGGI
Il progetto inaugurato da poco dal Corriere della Sera è pilota in questo senso. Lo portano avanti Serena Danna, redattrice della sezione Cultura, insieme ad Alessia Rastelli. Si chiama ‘Club la Lettura’ e ha già fatto la sua apparizione su carta. E’ un inserto domenicale del Corriere e si occupa di cultura e nuovi linguaggi digitali. Da qualche tempo a questa parte, la redazione ha deciso di portare ‘La Lettura’ anche sul web.
“Quello che volevamo costruire era un ‘luogo’ ideale dove ci fosse compresenza degli attori della comunicazione culturale, ossia di lettori e produttori dell’informazione insieme”, spiega la Danna, “e ci stiamo rendendo conto che la gente vuole questi spazi. C’è un gran bisogno di cultura e di luoghi di confronto e approfondimento”.
La difficoltà è conciliare le modalità di scrittura per il web con le necessità dell’informazione culturale, che spesso è indagine e approfondimento dei fenomeni e che non ammette la lettura rapida della notizia. “La sfida è saper trovare i linguaggi adeguati: si andrà sempre di più incontro a una ibridazione delle forme. Approfondire vorrà dire anche saper aggiungere i link giusti al pezzo, i rimandi a video o audio di pertinenza, fornire insomma al lettore gli spunti per un ampliamento degli orizzonti. Non per forza scrivere articoli di grande lunghezza”.
Anche Jan Reister, responsabile del progetto web di Nazione Indiana, una delle prime testate culturali online comparse a partire dal 2003 e a cui ha collaborato anche Roberto Saviano, è d’accordo: “Un articolo culturale in rete deve seguire certe regole di base: la segmentazione del testo, la costruzione di agganci visivi come i titoli di paragrafo, o contemplare la presenza di immagini che facilitino l’ancorarsi al pezzo. E oggi credo che spesso la carta stampata tenti di accostarsi a queste modalità, che sono proprie dell’online. Molti articoli che vi si trovano vengono proprio dal web”.
L’APERTURA VERSO IL BASSO
I visitatori delle riviste culturali online, intanto, crescono e si mostrano interessati a sapere. E a dire la loro. “Ci apriamo molto al commento dei lettori – spiega ancora Reister, che è anche responsabile web di un’altra rivista culturale, Alfabeta 2 – e ne escono conversazioni molto interessanti. Possono anche inviarci dei pezzi e in passato è accaduto che qualcuno entrasse a far parte della redazione, per la qualità dei contenuti espressi”.
Anche il Corriere rispetta questa tendenza. “Su ‘La Lettura’ – dice Serena Danna – ci apriamo alle recensioni dei lettori su libri ed eventi culturali. E’ interessante vedere quanta voglia di partecipazione ci sia, a dispetto di quanto si possa pensare”.
E a confermare le sue parole interviene anche Roberto Marone, responsabile redazionale di Doppiozero, rivista culturale online nata da un’idea di Marco Belpoliti, scrittore e critico culturale de La Stampa e L’Espresso. L’apertura all’interazione con i lettori rimane una costante anche nel loro caso. “Notiamo che la gente si è stancata del giornalismo iperinformativo che non guarda oltre una certa soglia – dice – e noi cerchiamo di offrire altro. Abbiamo anche promosso iniziative di espressione rivolte al lettore in collaborazione con la stessa Stampa”.
Doppiozero è un’altra delle sfide lanciate in rete per diffondere l’informazione culturale. Una sfida riuscita, e ben organizzata.“Il nome viene da uno dei libri di Marco, e i due zeri sono quelli del nuovo millennio – dice Marone – E’ lui che ha messo in piedi tutta la squadra, e oggi sono sei i soci fondatori. Ci sono collaboratori esterni e un editor che segue i testi. Poi abbiamo i curatori delle varie sezioni. Facciamo approfondimento, non lanciamo semplici notizie. E’ quello che cerca l’utente”.
TWITTER SCARDINA LE GERARCHIE
Ed è un utente che desidera trovare certi contenuti in rete, che altrove non trova. E che stimola i professionisti dell’informazione a lavorare in una certa direzione. Come? Usando i social network. Twitter, in particolar modo, è ormai diventato piattaforma di scambio continuo fra giornalisti e lettori. E anche editori.
Se finora il percorso della comunicazione è sempre stato univoco (dall’editore al giornalista, fino al lettore), gli strumenti oggi a disposizione degli informatori culturali consentono di sondare possibilità diverse. “Noi siamo su Twitter da poco più di una settimana – spiega la Danna – e ci rendiamo conto che le potenzialità dello strumento sono immense: i lettori ci danno continui spunti di approfondimento e riflessione, come sulla carta non può avvenire perché l’informazione è precostituita, e spesso aggiorniamo la piattaforma a seconda di quelle che vediamo essere le tendenze della rete”.
E c’è un altro aspetto di grande rilievo: “Twitter ci offre una opportunità mai considerata prima, quella del rapporto diretto e contemporaneo tra l’editore, il lettore e il giornalista”. Ossia un cambio epocale di prospettiva: se prima l’editore sceglieva da sé cosa pubblicare e l’informatore lo comunicava al pubblico per far sì che questo lo recepisse, oggi il rapporto è stravolto: l’editore è in continuo confronto con il lettore, in tempo reale. E il giornalista assume il ruolo di ponte tra i due mondi, prima distanti.
“Anche noi stiamo cercando di capire dove ci porterà la rivoluzione in corso -continua la Danna – e intanto portiamo avanti iniziative come quella del #Twitter Guest, l’ospite della settimana, un esponente del mondo della cultura che consiglierà ai follower un libro da leggere. E a breve lanceremo anche nuove iniziative”.
PIÙ RETE, PIÙ CULTURA
Twitter è solo uno dei tanti strumenti a disposizione dei professionisti per diffondere l’informazione culturale, e, come spiegano alcuni, porta molti visitatori al sito. “Il 50% ci giunge da lì e il restante 50% dalla ricerca su Google”, spiega Marone.
La caratteristica del tempo odierno, al di là della natura di questo e altri strumenti, è proprio la possibilità più ampia d’accesso all’ informazione, fattore che favorisce l’incremento dei visitatori ai siti culturali. Più alla rete c’è accesso, più si usano i suoi strumenti, più si entra nel circolo dell’informazione e lo si alimenta. “Ecco perché a mio avviso la cultura e il dibattito intorno a essa non moriranno, anzi cresceranno”, dice Reister.
Lettori, dunque, come nuovi attori della comunicazione culturale e principali stimolatori, protagonisti di un processo destinato non a spegnersi, anzi, a crescere.
ERODERE L’AUTORITÀ
E gli attori più tradizionali della comunicazione culturale, specie di quella cartacea, come gli accademici o i critici? Proprio loro potrebbero risentirne sempre di più, con il tempo. Perché proprio il concetto di autorità è destinato ad essere scardinato sul web.
“La rete mette in discussione la posizione di autorità. Quella dell’accademico è erosa”, dice Reister. “Non esiste nelle pagine culturali in rete, che sono oggetti privi di consistenza, di materia. Online è invertito il concetto di autorità: questa sta nelle idee che si propongono, non più nella persona dell’accademico che si esprime”.
Autorità scardinata, inversione dei ruoli, gerarchie abituali che vengono sconfessate, protagonisti dell’informazione che si moltiplicano e che divengono centrali nel processo di scambio culturale. Forse, quindi, è davvero iniziato il tempo dei cambiamenti. Forse è vero che, grazie alla diffusione della rete, i lettori alla ricerca della cultura si moltiplicheranno e daranno un contributo sempre più grande al suo sviluppo sul web.
Forse, allora, se Valentino Bompiani fosse ancora qui, potrebbe allora accettare una piccola rivoluzione della sua massima: un uomo che legge non vale più solo il doppio di sé, ma molto, molto di più.
Condivido pienamente che l’autorità, online, si sposti dalle persone alle idee. Il limite del web, forse, è intrinseco ai suoi pregi, e risiede nella quantità e nella velocità con la quale i cinguettii si avvicendano, lasciando spesso l’impressione di aver perso qualcosa dietro di sé o di non riuscire a tesaurizzare quel poco o tanto di prezioso che scorre sotto gli occhi. Sono anch’io da poche settimane su Twitter (e in generale su un social), apprezzo molto l’interattività e l’accesso “diretto” che sollecita. Ma continuo a ritenere ineliminabile la carta stampata, la sua solidità materiale e, se volete, anche la sua presunta staticità, come base sulla quale fondare approfondimenti e riflessioni più distese. Attenzione, non di qualità più alta o raffinata, ma semplicemente più ancorabili ad un confronto con il testo che non sia solo estemporaneo ma offra possibilità infinite di rilettura e soprattutto tempo.
Parallelamente e non in alternativa, dunque. Moltiplicare, non dividere. Aggiungere, non sottrarre.
E grazie per il vostro lavoro