Dietrofront dell’Agcom sulla decisione di dare il via libera all’applicazione per smartphone messa in commercio nei giorni scorsi dalla Swg, società che si occupa dei sondaggi elettorali in Italia.
La ‘politicapp’ rischiava infatti di trasformarsi in uno strumento a doppio taglio: pagando 9,99 euro gli utenti avrebbero potuto sapere l’esito dei sondaggi elettorali fino al momento del voto.
L’Agcom ne aveva autorizzato la vendita in quanto pensata per singoli acquirenti, niente vietava però ai privati cittadini di diffondere le stime e le proiezioni ritwittandole o condividendole sui social network. Dalla mezzanotte dell’8 febbraio infatti, scatta il divieto di pubblicare “sondaggi politici ed elettorali” sui mass media.
Facebook e twitter non sono attualmente riconosciuti come mezzi di comunicazione di massa e, a differenza di giornali, radio e tv, non devono sottostare al divieto di pubblicazione.
Le polemiche, suscitate dal paradosso di avere a disposizione i numeri dei sondaggi senza che questi fossero diffusi dai normali canali di informazione, devono aver contribuito a far cambiare idea all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
In una nota, pubblicata al termine di una lunga riunione del consiglio presieduto dal numero uno dell’Agcom Angelo Marcello Cardani, si legge: “L’applicazione della Swg rende accessibile, previo il pagamento di un prezzo contenuto, il risultato dei sondaggi ad un pubblico potenzialmente molto vasto, con inevitabili effetti di diffusione incontrollata dell’informazione. Questa circostanza configura quindi un’oggettiva violazione del divieto imposto dalla legge sulla par condicio”.
A partire dalla mezzanotte dell’8 febbraio e fino a elezioni concluse, né giornali, né tv, né app per smarphone, potranno quindi diffondere sondaggi: una marcia indietro un po’ tardiva che torna a far riflettere sull’efficacia di una legge che non tiene conto delle nuove tecnologie.