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Nuove indagini sulla discarica di Ca’ Lucio. I cittadini: “Acque inquinate”

Discarica Ca’ Lucio, Montesoffio

URBINO – La discarica di Ca’ Lucio è pronta per un maxi-ampliamento che la porterà ad aumentare di dodici volte la propria capacità. Il progetto presentato dalla Marche Multiservizi porterà il sito dagli attuali 59.500 a 739.500 metri cubi: sarebbe seconda solo a Ca’ Asprete, l’invaso di Tavullia da 1.570.000 metri cubi. Previsione di durata del sito: 38 anni in totale. Obiettivi di raccolta differenziata entro il 2021, 65,2%. Per forza di cose, dato che la legge 152 del 2006 lo impone – si sarebbe dovuto raggiungere il 60% entro il 31 dicembre 2011. E dato che i comuni già stanno pagando per la loro inefficienza.

La discarica in un impluvio naturale
Montesoffio, località Urbino. Statale 73 bis. Bocca Trabaria Ovest. Km57. La discarica di Ca’ Lucio nasce nel 1990. Ha già 23 anni. Raccoglie i rifiuti di 30 comuni della provincia, nel 2006 fu oggetto di indagini giudiziarie che portarono alla condanna per inquinamento ambientale dell’allora direttore, ma mai al sequestro del sito.  L’accusa: sversamenti regolari di percolato nel fiume Metauro.

Oggi i cittadini hanno paura, perché non dimenticano né i fatti di cronaca, né la storia. Alcuni anziani signori del posto, che abitano a monte della discarica, raccontano che laddove è stato pensato e costruito il sito di smaltimento di rifiuti solidi urbani, un tempo c’era una grande fontana, sempre piena d’acqua, dove tutti si andavano a rifornire. Sostengono che sotto quei quintali di immondizia accumulatisi negli anni, c’è una ricca sorgente. Un fondo molto acquoso, insomma. A confermarlo Claudio Cerioni, biologo del Progetto Acqua di Urbania: “Era una conca, un impluvio naturale, un bacino che faceva da spartiacque”.

Tubo di scolo a valle della discarica di Cà Lucio

Le acque di scolo ‘poco trasparenti’
Questo, la presunta non idoneità dei teli e un sistema di depurazione non proprio ottimale, come fatto notare  dai cittadini, potrebbero giustificare i livelli di ammoniaca rilevati lo scorso 3 febbraio sia dagli attivisti del Progetto Acqua, sia dalla Forestale, nelle acque fuoriuscenti dai tubi di scolo a valle del sito: “0,4 milligrammi per litro è acqua inquinata, sufficiente a creare problemi alla crescita degli anfibi, che scompaiono nell’arco di alcuni anni. Siamo a valori di 30 volte più alti rispetto ai limiti di legge”, ci spiega ancora Claudio Cerioni. Le cui affermazioni sembrano confermate da un dato certo: l’Arpam ci fa sapere telefonicamente che “i risultati delle analisi fatte sulle acque di scolo di Ca’ Lucio, prelevate il 3 febbraio dalla Forestale, non possono essere resi pubblici perché oggetto di indagine giudiziaria.

“Che tipo di acque sono?”, si chiede Claudio Cerioni, e continua. “Se fossero meteoriche, ovvero di pioggia, non dovrebbero andare a contatto con il materiale inquinante e andrebbero rilasciate direttamente sul suolo; se fossero soggette a processo di depurazione non potrebbero essere rilasciate su suolo, o almeno, certamente, non con quei livelli di ammoniaca. L’acqua viene rilasciata una volta ben depurata, distillata; il percolato, invece, deve rimanere in un circuito interno. Le acque meteoriche sono superficiali, non dovrebbero entrare a contatto con i rifiuti. I teli sono a tenuta stagna? Non c’è materiale organico disperso?”, conclude il biologo.

Certo, stando all’odore, al colore e al risultato della analisi del Movimento Acqua (‘fai da te’ perché “siamo dotati delle attrezzature necessarie”), i dubbi permangono.

Legambiente e il canile a ridosso della discarica
“Il punto è che le analisi, se non son fatte da un ente e quindi da un laboratorio accreditato, non hanno valore legale”, ci dice con sconcertante realismo Federico Bolognini, presidente del circolo di Legambiente di Urbino. Da alcuni anni con la sua associazione gestisce il canile di Cà Lucio, costruito dalla Comunità montana alto e medio Metauro proprio a ridosso della discarica. “Noi diciamo no all’ampliamento per motivi di salute e di utenza. Siamo molto preoccupati per i cani, per i dipendenti e per le persone che vengono a scegliersi il loro amico a quattro zampe, che sono sempre di meno perché la puzza qui è insopportabile”.

Bolognini e gli operatori volontari del rifugio hanno notato un incremento delle patologie della pelle, dell’apparato digerente e respiratorie sui cani. Oltre al crescente numero di decessi per tumori. Sempre Bolognini, ma anche gli altri attivisti del comitato di Montesoffio e del Movimento Acqua, hanno osservato negli anni un dilagare di casi di leucemie nella zona. Ma ancora nessuno interviene. “Nessun monitoraggio, nessuno studio epidemiologico”. E così anche quelli di Legambiente stanno perdendo la pazienza e la speranza: “Forse lasceremo la gestione del rifugio a partire dal 2014, ma poi chi ci andrà?”

Canile di Cà Lucio, a ridosso della discarica

Quel via vai di camion sulla Ss73
Le lamentele e le preoccupazioni non finiscono qui. I cittadini si sono attivati e controllano anche perché assistono ad un via vai di camion per loro davvero eccessivo e  pericoloso per la viabilità. “Sono le enormi autocisterne della ditta ‘Melandri’ provenienti dalla Romagna e quelle del Veneto che portano” – dicono – “i fanghi da smaltire in discarica. Altre si portano via il percolato”.

Le responsabilità e gli enti pubblici
Ma chi ha deciso di costruire tutto in un unico sito? Discarica, canile, pale eoliche rigorosamente ferme, qualche isolato più in là, un bel campo di pannelli fotovoltaici. La Comunità montana alto e medio Metauro e il comune di Urbino.

Tra i sindaci che hanno preso posizione e richiesto chiarimenti martedì scorso, non c’è Franco Corbucci. Che non c’era neppure alla conferenza dei servizi in cui si decideva sull’ampliamento del sito. E che, a fronte di un nutrito indennizzo al Comune per il fatto di ospitare la discarica nel suo territorio, è accusato dai cittadini di non investire come si dovrebbe nella raccolta differenziata domiciliare, l’unica, come da Piano provinciale, in grado di portare ad un ciclo virtuoso dei rifiuti.

L’assessore provinciale all’ambiente, Tarcisio Porto, che giorni fa dal Corriere Adriatico condannava l’allarmismo ingiustificato intorno alla questione, garantisce che sono in corso indagini di carattere amministrativo sulla gestione del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti a Cà Lucio. Ma prende le distanze dalle decisioni in merito all’ampliamento del sito. “Se in Giunta mi richiedono l’autorizzazione, devo darla, non posso fare altrimenti; d’altro canto, l’ampliamento, se pur non in questi termini, permetterà di accumulare risorse economiche per il post mortem – la fase di chiusura e bonifica della discarica”.

Intanto l’assessore all’ambiente fa una promessa: “Entro 15 giorni organizzerò un incontro pubblico con gli abitanti di Montesoffio per rispondere ad ogni loro perplessità”.

Montesoffio è località di Urbino, e il fiume Metauro è la fonte di approvvigionamento del Montefeltro e non solo. Le acque meteoriche a valle del sito di smaltimento, a Cà L’Agostina confluiscono nel Metauro. Quell’acqua la bevono tutti. L’addizionale per il mancato obiettivo di raccolta differenziata i cittadini già la pagano.

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