Crowdsourcing: un neologismo composto tipicamente all’inglese, una crasi delle parole crowd (folla) e outsourcing (esternalizzazione di una parte delle proprie attività). Ed è, come dice la fusione dei due significati, la tendenza a utilizzare i contributi di una folla per raggiungere uno scopo. E’ una tecnica aziendale, grafica, architettonica, e dal 2013 anche musicale. Ma anche una nuova frontiera del giornalismo, capace di scardinare la tradizionale comunicazione top-down (dall’alto in basso) per passare a un sistema bottom-up (dal basso in alto).
Un giornalismo dal basso, insomma, dove le fonti sorgono e crescono senza la consapevolezza di esserlo, nei social network e nelle piccole realtà locali.
Il 27 febbraio il dj Avicii lanciava “X You”, il primo brano al mondo che ha unito le note di 4.000 musicisti sparsi in 140 paesi. Lo stesso giorno, Italia2013 concludeva il suo esperimento. E’ stata l’unica, e anche la prima, redazione italiana a seguire l’intera campagna elettorale attraverso l’aggregazione di notizie raccolte dai social media. Twitter, Facebook, Instagram e Youtube sono l’eterogeneo flusso di informazioni e testimonianze che, dal 25 gennaio fino a fine febbraio, il team di Italia2013 ha passato al setaccio.
Perché la vera sfida del quinto potere non è più l’accettazione dei contributi esterni dalla redazione ma piuttosto la capacità di integrarlo con quello tradizionale. Una redazione che con un’attività continua di content curation (controllo del materiale raccolto) costruiva storie, dibattiti, gallery e video in modo che i lettori potessero avere un quadro completo di ogni candidato al Parlamento: questo il progetto avviato da Marco Pratellesi e Riccardo Luna, i due pigmalioni del sito e delle tre app corrispondenti.
Come è stato possibile? Grazie a Seejay, il primo gestionale per il crowdsourcing dedicato alle redazioni online. Seejay è uno strumento ideato dalla società romana Maior Labs per intrecciare in modo nuovo i fili del giornalismo, e soprattutto per semplificare il lavoro di quelle testate che accettano contributi dal giornalismo partecipativo. Non più valanghe di mail da spulciare all’alba, ma piuttosto canali tematici in cui ricevere notizie catalogate e georeferenziate: ecco la formula di questo Saas (software as a service) nato a ottobre 2012, al momento in fase beta privata ma che punta al passaggio in beta pubblica entro aprile 2013.
Gli strumenti a disposizione del giornalismo crowdsourcing sono sempre di più. Uno di questi è salito agli onori della cronaca perché, usato insieme ai social network, ha permesso di verificare una notizia diffusa dalla tv. In Pennsylvania, nella Contea di Montgomery, il 4 gennaio 2012 Andy Stettler, direttore di Main line media news, venne a sapere che il centro commerciale King of prussia era stato evacuato a causa di una bomba. Iniziando a twittare con un suo follower che si trovava proprio lì scoprì che solo una parte del centro commerciale era stata evacuata, a differenza di quanto comunicato da alcune stazioni televisive.
E per farlo non ha usato solo Twitter ma un’altra applicazione che ha dimostrato così la sua funzione ‘giornalistica': Banjo, nato per Apple e Android nel 2010 e sbarcato in Italia solo a dicembre 2012. Banjo è in grado di aggregare e geolocalizzare i post provenienti da tutti i social network a cui siamo iscritti, in modo da ordinare gli utenti in base al luogo in cui si trovano.
Per arrivare alla “folla” il giornalista ha a disposizione sempre più app. Quelle nate dalla frenesia della socialità e dell’interazione, che il giornalismo crowdsourcing ha scoperto come utili strumenti.
Tra le app geolocalizzatrici, nel bagaglio (virtuale) di un giornalista potremmo trovare Sonar o Geofeedia. La prima, nata nel 2011, ci dice chi si trova vicino a noi e perché la sua presenza potrebbe essere importante sulla base dei legami individuati nei social network. La seconda, messa sul mercato nel 2012, permette di verificare una notizia in tempi da record, scavando tra i social media attraverso la geolocalizzazione, come Banjo.
Dal 2012 gli avvenimenti sono crowdsourced (testimoniati dalla folla) non solo attraverso l’aggregazione delle parole, ma anche delle immagini. E’ stato più semplice con la nascita di Vyclone, l’applicazione brevettata dal figlio di Sting e che da inizio marzo è anche su Android. Vyclone è in grado di unire e comprimere in un solo video più video realizzati in una stessa occasione da telefoni diversi. La pluralità contemporanea di prospettive entra nel giornalismo per accrescere la veridicità di ogni notizia. Quella stessa pluralità alla base di Rawporter, una app che consente a tutti di realizzare foto e video per poi caricarle in un mercato online dove blog e giornali possono acquistarli. Ecco così che il crowdsourcing si unisce con il citizen journalism e può rendere freelance chiunque.