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Un giorno questo articolo potrebbe essere scritto da un algoritmo

di    -    Pubblicato il 11/04/2013                 
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Un giornalista che sforna un articolo al minuto, non si ammala mai, non chiede la pausa caffè, non ha pretese sulle condizioni di lavoro e scrive quello che gli viene detto di scrivere, senza protestare. In più è estremamente economico. Il sogno di ogni editore e l’incubo di ogni redattore esiste e ha le sembianze di un insieme di algoritmi, ovvero  software di elaborazione dati, messi a punto e distribuiti principalmente da alcune aziende americane, di cui la più chiacchierata è la Narrative Science.

Questi programmi riescono ad analizzare le informazioni fornite, rielaborarle e trasformale in forma narrativa. Non si notano differenze con gli articoli dei giornalisti in carne e ossa, anzi sono ben scritti, completi, discorsivi e c’è anche la possibilità di scegliere stile e taglio che dovranno avere.

Certo non saranno candidabili al premio Pulitzer (ancora), ma offrono una pericolosa alternativa per rimpiazzare giornalisti sportivi ed economici, i due campi dove i robot sono al momento utilizzati. Sul sito della rivista statunitense Forbes, che si occupa di economia e finanza, tra gli autori compare già da tempo la firma Narrative Science accompagnata, in fondo all’articolo, da quella di chi ha fornito i dati. Ecco un pezzo pubblicato un mese fa sulle quotazioni della American Tower Corporation:

Forbes Earnings Preview: American Tower
by Narrative Science

In spite of an expected dip in profit, most analysts are positive about American Tower (AMT) before it reports its fourth quarter earnings on Tuesday, February 26, 2013.

Analysts are expecting American to come in with earnings of 41 cents per share, down 19.6% from a year ago when it reported earnings of 51 cents per share.

Ovvero:

A dispetto della previsione di un calo di profitti, molti analisti la pensano positivamente sulla American Tower (AMT), prima della pubblicazione dei suoi profitti relativi al quarto trimestre, che avverrà il 26 febbraio 2013.

Gli analisti si aspettano che la American arrivi a guadagni di 41 centesimi per azione, in calo del 19,6% rispetto a un anno fa quando ha raggiunto profitti di 51 centesimi per azione.

Ecco invece un esempio di articolo sportivo, riportato sulla rivista Wired:

Friona fell 10-8 to Boys Ranch in five innings on Monday at Friona despite racking up seven hits and eight runs. Friona was led by a flawless day at the dish by Hunter Sundre…

Traduzione:

Il Friona lunedì ha perso in casa 8 a 10 contro i Boys Ranch, in cinque inning, nonostante abbia collezionato sette battute valide e otto punti. Il Friona ha sofferto della giornata impeccabile di Hunter Sundre…

Certo non sono paragonabili a quelli delle grandi firme del giornalismo, ed è ancora lontano il giorno in cui saranno i robot a consumarsi le suole delle scarpe alla ricerca di notizie (anche se sono già in grado di monitorare autonomamente le attività sui social network), ma molti media statunitensi li hanno considerati degni di essere inseriti in produzione.

La storia dei giornalisti algoritmici ha avuto inizio alla Northwestern University, quando Kristian Hammond e Larry Birnbaum si trovarono a insegnare in un corso di giornalismo. Lì, da una collaborazione tra studenti e informatici, nacque Stats Monkey, il primo giornalista robot.

Questo prototipo piacque molto a un tipo con la vista lunga e un discreto fiuto per gli affari, un certo Stuart Franklen, che propose ai due docenti di continuare a lavorare sul progetto. Così nel 2010 fu fondata la Narrative Science. I primi esperimenti pratici furono fatti sul campionato di baseball dei ragazzi americani dai cinque ai diciotto anni, la Little League. Un campo che non offre particolari rientri economici e, per questo, snobbato dalla maggior parte dei giornalisti sportivi statunitensi.

Da quel primo programma “scimmia” sono stati fatti molti passi avanti. I giornalisti robot di Hammond e Birnbaum sono già attivi in quaranta realtà giornalistiche americane, fra magazine ed emittenti radiotelevisive. Scrivono per Forbes, per alcune sezioni finanziarie del Wall Street Journal, le cronache sportive del Chicago Tribune, le news di varie agenzie stampa e lo scroll – le notizie che scorrono in basso durante i telegiornali – di diverse emittenti televisive.

La minaccia ultratecnologica sta già facendo temere a molti cronisti di dover cedere il posto in scrivania. E quello del giornalismo non è l’unico campo in cui possono trovare applicazione, si parla già di algoritmi medici in grado di studiare le cartelle cliniche dei pazienti e fornire diagnosi accurate.

A ben vedere, però, non è tutto negativo. Larry Adams di Narrative Science, in un’intervista a Wired, ha spiegato che questa tecnologia potrebbe rappresentare uno strumento per i giornalisti stessi: “Basta pensare alle incredibili possibilità – ha detto Adams – che uno strumento del genere può fornire ai vari cronisti. Può essere un mezzo per fare indagini più precise e dettagliate di quelle che vengono fatte oggi, analizzare i budget di grosse società o tenere sotto controllo i trend di Twitter; tutti processi difficilmente realizzabile da un singolo cronista”.

Effettivamente nell’era di internet e dei social media, dove le notizie devono essere necessariamente tempestive e la mole di informazioni da analizzare assume spesso dimensioni disumane, avere “qualcuno” che legge papier infiniti di dati e documenti, o controlla centinaia di messaggi di Twitter, o ancora fornisce statistiche sportive sempre aggiornate, permetterebbe di dimezzare i tempi di lavoro; o eviterebbe di doverlo appaltare a qualcuno, solitamente sottopagato. Quindi, se la guardiamo da questo punto di vista, probabilmente a tremare devono essere gli stagisti.

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