Dacia Maraini: “Potremmo vivere d’arte ma non ne riconosciamo il valore”

Dacia Maraini - Illustrazione di Rosita Uricchio (Isia)

URBINO – La scrittrice e poetessa Dacia Maraini racconta al Ducato le sue impressioni sulla situazione dei beni culturali nel nostro Paese. Un capitale immenso, troppo spesso trascurato e privato del suo potenziale. E sul giornalismo: “La carta stampata ha saputo dare un contributo prezioso. Online e tv si nutrono di risse”.

In passato ha dichiarato: “Il vero problema è che l’Italia è un po’ indietro rispetto alla questione della valorizzazione del patrimonio artistico”. Qualcosa è migliorato?
“Qualche passo avanti è stato fatto, ma sono ancora pochi. L’Italia è un Paese che sembra non amarsi, che lascia cadere in rovina il capitale preziosissimo che possiede, da cui tra l’altro andrebbe fatta dipendere la nostra economia. Città d’arte, monumenti, musei: potremmo vivere di questo, ma non ne difendiamo il valore”.

Conferma il parere positivo che nel 2014 espresse sul lavoro del ministro per i Beni culturali Dario Franceschini, all’epoca all’inizio del mandato?
“Assolutamente si . Il ministro Franceschini si è dimostrato un uomo attento e sensibile. Sa che l’arte è preziosa e va tutelata. Non è di certo uno che pensa: “Con l’arte non si mangia”. Si sta impegnando per convincere l’Italia del contrario”.

Da cosa si dovrebbe partire per promuovere e valorizzare il nostro patrimonio artistico in Italia e nel mondo?
“Bisogna investire e creare una coscienza nazionale. Si deve soprattutto evitare la disattenzione: abbiamo piccole e bellissime città che crollano, giardini, parchi, tutto alla deriva. Ci vuole una coscienza nazionale di difesa dei beni culturali che si crea con la cultura. E la cultura deve partire dalle scuole, molto presto. Fin dalla più tenera età i bambini devono essere educati alla tutela dell’arte”.

Il mondo dell’informazione contribuisce alla valorizzazione del patrimonio artistico?
“I giornali hanno avuto e hanno un ruolo molto importante e soprattutto la carta stampata ha saputo dare un contributo prezioso. Il giornalismo online è invece un po’ più sordo e si interessa poco a queste tematiche. Non fa abbastanza. Purtroppo il mondo di Internet e anche quello della televisione – gli strumenti attraverso i quali soprattutto i giovani si informano maggiormente – si nutrono di risse che ormai sono diventate il pane quotidiano dello spettacolo. Così per la cultura resta poco spazio”.

Una domanda che la riguarda come scrittrice: cosa pensa della scissione del Salone del Libro tra Torino e Milano?
“Sta nella linea della grande litigiosità dell’Italia. Continue risse che ci danneggiano come Paese e che danneggiano la nostra politica. Si sono spese troppe energie per combattersi, quando si sarebbe potuto evitare di accavallare i due eventi, creando due manifestazioni separate, in periodi diversi. In questo modo tutti ne avrebbero tratto vantaggio”.