È morto Claudio Amati, l’oste dell’Angolo divino. Raffinato interprete della tavola urbinate

Fonte: ilMangiaWeb.it
di ANDREA PERINI

URBINO – Se ne va un pilastro della cultura enogastronomica urbinate. L’oste dell’Angolo divino, Claudio Amati, è morto martedì a 59 anni dopo una malattia che lo ha consumato in breve tempo. Era un personaggio molto conosciuto, amante dei sapori genuini e dell’alta cucina: la sua morte ha lasciato incredula la città anche perché al di fuori dei famigliari nessuno era a conoscenza della gravità della sua situazione. Lui, da amante della ristorazione e della sua città, ha aperto le porte del suo locale a turisti e personaggi di prestigio fino all’ultimo, portando in tavola non solo un ottimo pasto ma uno spicchio del Montefeltro.

Amati è sempre vissuto nel mondo della gastronomia, un amore nato dall’infanzia grazie alle zie che gestivano un ristorante che offriva agli avventori la tipica ‘crescia di Urbino’. Una passione maturata col tempo. Nel menù dell’Angolo divino, in via Sant’Andrea, non potevano mai mancare le prelibatezze stagionali del territorio. Già nel 1999, quando a guidare Urbino c’era Massimo Galuzzi, Claudio aveva cercato di valorizzare le potenzialità del turismo enogastronomico. E infatti era sempre presente in ogni iniziativa organizzata dal Comune. Aveva capito che sedersi a tavola era molto più che ‘andare fuori per cena’.

Mangiare all’Angolo divino, aperto da Claudio quasi 20 anni fa, doveva essere un’esperienza a tutto tondo. Non si limitava a gestire il locale, lo guidava. Accoglieva i clienti, andava tavolo per tavolo spiegando la storia del piatto, degli ingredienti utilizzati, della loro provenienza. Tutto quello che veniva servito doveva impersonificare la tradizione, come la pasta in sacco (una specie di zuppa imperiale al cui interno veniva messa un particolare tipo di pasta fatta in casa, conservato in un sacco di lino, e fatta a dadini). Evitare la banalità con raffinatezza. Ricercava le usanze, gli ingredienti tradizionali scomparsi dalle tavole, come l’anice stellato, il modo in cui venivano preparate certe pietanze e poi, a volte con alcune rivisitazioni, le riproponeva nei suoi menù.

La sua passione per la buona cucina ha contagiato anche la moglie, Gloria, che oggi gestisce un altro ristorante, Il Girarrosto, in piazza delle Erbe. A tal punto da convincerla a portare anche dentro la sua cucina quell’amore vero per le ricette tipiche del territorio, quell’attenzione puntigliosa nella scelta della materia prima. Se ne va un cultore e un divulgatore appassionato dei sapori della sua terra che lascia a lei e a tutta la sua città l’eredità di una riscoperta originale della tradizione.