Nelle Marche cinque aziende agricole su cento scelgono il bio

di MARTINA NASSO
foto di ANDREA PERINI

URBINO – Nelle Marche sono bio il 5,1% delle aziende agricole: solo Calabria e Toscana le superano. Un dato al di sopra della media nazionale, che è del 3,1%. In linea con il dato regionale anche la provincia di Pesaro-Urbino, dove il 5,5% delle aziende agricole è bio. Meglio fa solo il territorio di Ascoli Piceno, dove la percentuale raggiunge il 10,9%. È quanto emerge dal confronto tra i dati del Sian (sistema informativo agricolo nazionale) e quelli dell’ultimo censimento agricolo dell’Istat, effettuato nel 2010.

La regione supera la media italiana anche in superficie di terreno coltivabile occupata da agricoltura biologica: 12,7% sul totale disponibile contro l’11,2% su scala nazionale. In questa classifica le Marche si piazzano all’ottavo posto.

Percentuale terreni bio su totale terreni coltivati al 31/12/2014

Cos’è il bio. Per agricoltura biologica s’intende un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti in natura. È escluso l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi) e si cerca di limitare, attraverso tecniche di coltivazione particolari, l’eccessivo sfruttamento del suolo e delle risorse idriche.

La fattoria. A pochi chilometri da Urbino, sulle colline che portano a Colbordolo, c’è la fattoria del Borgo, una delle 481 aziende agricole biologiche del territorio provinciale. Qui si producono e trasformano miele, vino, frutta e ortaggi di qualità. Enrico e Olessia hanno avviato la loro attività nel 1996. “In quegli anni – spiega Enrico – non erano in tanti a fare biologico. Noi abbiamo deciso di dedicarci alla coltivazione di frutta e ortaggi di qualità, mentre qui nella zona erano già attive alcune aziende che producevano e trasformavano il grano”.

Negli ultimi dieci anni la produzione bio, però, ha subito molti cambiamenti, soprattutto dopo il suo ingresso nella grande distribuzione. “Dieci anni fa il biologico costava tanto – continua Enrico – ora non è più così. I prodotti bio sono comparsi negli scaffali dei supermercati a prezzi più accessibili e la filosofia che sta dietro al metodo di produzione è cambiata. A risentirne, purtroppo è stata la qualità”.

Per soddisfare la sempre crescente richiesta di questo tipo di prodotti da parte dei consumatori, alcune aziende agricole hanno scelto di effettuare la raccolta quando non sono ancora del tutto maturi, per aumentare il numero di vendite. “Noi trasformiamo tutto ciò che produciamo e così possiamo portare ortaggi e frutta al massimo della maturazione. Sono più sani, più ricchi e più buoni. Abbiamo deciso di difendere il nostro metodo di produzione e per questo abbiamo anche rinunciato ad alcune opportunità economiche, rifiutando le proposte di portarli nei grandi supermercati”.

Le contraddizioni dell’agricoltura bio, però, sono anche altre. Un esempio riguarda il meccanismo di controllo sui prodotti. La certificazione ci garantisce che ciò che stiamo acquistando è stato effettivamente prodotto, lavorato e commercializzato secondo il metodo biologico. In Italia ci sono una decina di organismi di controllo pagati dalle stesse aziende che la richiedono. “È urgente modificare questo procedimento. Le aziende agricole non dovrebbero essere clienti di chi deve controllarle”, spiega Enrico che aggiunge: “Anche la presenza di un rigido elenco di semi piantabili certificati, stabiliti dall’Ense (ente nazionale per le sementi elette), rischia di essere un impedimento. Alcune sementi antiche, ad esempio, sono escluse da questa lista con il rischio di perdere per sempre coltivazioni di una volta con metodo biologico”.

Oggi, a un giovane che vuole entrare in questo mondo, Enrico consiglia di specializzarsi nei prodotti per i quali c’è maggiore richiesta, come noci, nocciole e cereali minori e di associarsi con gli altri coltivatori. “Le cooperative sono il futuro dell’agricoltura biologica – spiega – ma a un ragazzo che vuole iniziare quest’attività, prima di tutto chiederei se è sicuro di volerlo fare. Coltivare ortaggi dà tanta soddisfazione, ma costa tanta fatica e ci si spacca la schiena. Per farlo serve tanta passione, la terra ti deve emozionare”.

Il valore aggiunto della fattoria del Borgo, però, è l’attività didattica che da più di quindici anni svolge con i ragazzi delle scuole. “Per noi è fondamentale questo contatto con il territorio – continua Enrico – negli ultimi anni abbiamo anche vinto un bando regionale per svolgere attività con gli anziani. Quest’anno abbiamo esaurito i finanziamenti e abbiamo deciso di creare una linea di prodotti insieme ai partecipanti del progetto per autofinanziarlo e continuare”.