di MARTINA MILONE
URBINO – C’è un’ area, tra il vecchio palazzo di giustizia e l’Isia di Urbino, dove erba alta e incuria la fanno da padrone e assediano la casa romana di epoca repubblicana. Il ritrovamento archeologico venuto alla luce nel 2009 in via Santa Chiara, durante il risanamento idrogeologico del versante. Da anni gli scavi sono fermi e coperti solo da un telo bianco, nonostante le sollecitazioni della Soprintendenza al Comune. “Lo scorso gennaio ho inviato un esposto al nucleo dei carabinieri per denunciare la situazione di degrado – dichiara la funzionaria territoriale della Soprintendenza archeologica delle Marche, Maria Gloria Cerquetti – da due anni, invano, invio lettere all’architetto del Comune Mara Mandolini“. È il Comune, infatti, attualmente il proprietario dell’area e spetta all’ente provvedere alla sua tutela.
Dal 2010, dopo il blocco dei lavori, preparatori alla costruzione di un impianto di risalita che avrebbe dovuto collegare l’ex Fornace Volponi a Santa Chiara, la direzione archeologica regionale ha preso a cuore l’area, volendo riportare alla luce l’antico splendore della domus.
Un progetto a lungo termine e integrativo con le necessità comunali, tanto che nel 2013 la Cerquetti aveva dichiarato: “Gli scavi proseguiranno sotto la nostra supervisione, perché potrebbero essere ritrovati altri reperti”. All’epoca il Comune puntava, invece, a spostare i ritrovamenti: “Impossibile spostarlo – continua oggi la funzionaria – il Comune ha addirittura fatto ricorso al Tar per questo”. Nei fatti, però, degli studi e nuove indagini non si parla da quattro anni e l’archeologa sottolinea: “Sembrava che con il nuovo sindaco le cose dovessero cambiare, invece è rimasto tutto fermo come con la vecchia amministrazione”.
Tuttavia, secondo il Comune, spetta alla Soprintendenza decidere del ritrovamento. “Ci deve dire cosa dobbiamo farne, se spostarla oppure coprire il sito – sostiene Roberto Cioppi, vicensindaco di Urbino – la volontà, oggi, è quella di ripristinare il giardino e restituire alla città uno spazio verde”.
Due anni fa, però, Maurizio Gambini aveva espresso altre intenzioni, come racconta la stessa Cerquetti: “A margine dell’evento per lo spostamento di una tomba missionaria ritrovata al Bivio Croce, Gambini ci promise che l’area archeologica sarebbe stata mantenuta e il progetto di spostamento, rivisto”. Due anni durante i quali, nonostante tre lettere e numerose sollecitazioni per il ripristino dell’area, la zona è stata completamente abbandonata. Sepolta sotto terra per 2.000 anni, ora ricoperta dalle erbacce.