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Salvatore, 42 anni, una vita nella casbah

"Dotto', vi serve un telefonino? Guardatelo: è l'ultimo modello, nuovissimo. Per voi a solo cinquanta euro". Salvatore E. è nato 42 anni fa a due passi da piazza Mercato. Una vita spesa tra i vicoli di Forcella e la grande casbah di piazza Garibaldi, dove esercita la sua professione di "commerciante". Tra tanta gente - troppa gente - che, come lui, campa di espedienti, senza mai sapere cosa li aspetterà il giorno dopo.

La scuola? Lasciata a otto anni. "Ero in terza elementare - ricorda -, non avevo gran voglia di studiare. Ho imparato a leggere, ma scrivo con molta fatica. In ogni modo, mi creda, scrivere non mi serve a molto…" Una storia molto comune, quella di Salvatore: sposato a 21 anni (sua moglie ne aveva 19), cinque figli. Troppi, per chi non ha (e non ha mai avuto) neanche un'ombra di reddito fisso. "Vendere i telefonini a piazza Garibaldi - spiega - è il lavoro più redditizio che abbia mai svolto. A volte, quando mi va bene, riesco a guadagnare anche 2-300 euro a settimana. Anche se mi capita di passare settimane molto dure, pensando ai miei figli (tre vivono ancora con i genitori, ndr) che mi aspettano la sera a casa…"

Poco importa se la merce trattata è di provenienza "sospetta"… "Non so e non mi interessa sapere da dove vengono i telefonini che vendo - sbotta Salvatore, visibilmente stizzito -. Chi me li affida non viene certo a spiegarmi dove li ha presi. Io li piazzo e basta. Ma stia sicuro: non metto dei mattoni nelle scatole, come fanno alcuni con gli sprovveduti che ci cascano; non truffo nessuno con il gioco delle tre carte o cose del genere; non spaccio droga e non rubo. In passato ho venduto sigarette di contrabbando, ma credo che non ci sia niente da vergognarsi in quello che faccio. Cerco solo di sopravvivere. Non penso che qualcuno possa condannarmi per questo".

È sempre stata una lotta dura, a Napoli, tra stereotipi e pregiudizi. Una lotta di chi vive alla giornata, tra mille espedienti e sempre al limite della legalità. Una lotta che vede impegnati, ogni giorno della loro difficile esistenza, Salvatore e tante altre persone come lui. Chi passa per Napoli si limita a osservare: spesso condannando, a volte limitandosi a una compassionevole pietà. Ma è sulla vita di queste persone, sul possibile affrancarsi da tanta miseria economica è civile, che si fonda, probabilmente, il futuro di questa città. Dentro e - soprattutto - fuori dai luoghi comuni…

 

(maggio 2002)