Fusione Urbino-Tavoleto, il referendum non si farà. Gambini: “Non molliamo”. E attacca il Tar – VIDEO

di SIMONA DESOLE e RITA RAPISARDI

URBINO – Mancavano 36 ore al referendum di domenica 13 dicembre con il quale i cittadini di Urbino e Tavoleto avrebbero dovuto esprimersi sull’incorporazione tra i due comuni. E invece venerdì pomeriggio è arrivata prima la sentenza del Tar di Ancona che ha sospeso il voto di domenica sulla fusione tra Pesaro e Mombaroccio poi, per effetto domino, la decisione di chiudere le urne anche nei due comuni del Montefeltro.

Il presidente Ceriscioli. “La decisione è stata presa dal presidente della regione Marche Luca Ceriscioli – ha detto al Ducato il sindaco di Urbino Maurizio Gambini, a margine dell’incontro di venerdì sera alla Sala incontri del Consorzio – dopo l’ordinanza del Tar di Ancona sul caso Pesaro-Mombaroccio (la sentenza arriverà il 18 marzo 2016), il presidente ha preferito tutelare il comune di Urbino e quello di Tavoleto perché, anche se avessimo proseguito con il referendum, c’era il rischio che in seguito qualcuno potesse fare ricorso. Credo che il presidente abbia fatto bene a bloccare, per analogia alla procedura di Pesaro è sembrato anche a me corretto per non mettere a rischio il procedimento perché se l’indicazione del Tar è stata questa per Pesaro non poteva essere diversamente per Urbino”.

Il Comitato del no di Mombaroccio. All’origine di tutta la tempesta politica il ricorso del Comitato “Vogliamo vivere a Mombaroccio da Mombaroccesi”, prontamente appoggiato dal Movimento 5 Stelle, in cui si denunciava la presunta illegittimità del referendum. Motivo del contendere i tempi del voto: la legge regionale prevede che si tenga alla fine del percorso di fusione o incorporazione, quella nazionale – la legge Delrio – all’inizio, permettendo ai cittadini di esprimersi fin da subito. Secondo questa visione, la legge nazionale dovrebbe prevalere su quella regionale. Ma così non è stato e il Tar ha dato ragione al Comitato del No. Gambini però è di un’altra opinione: “In questo modo il cittadino andrebbe al referendum quando ancora i consigli comunali non hanno preso la decisione su quali sono le condizioni della fusione, senza consapevolezza, mi pare una procedura meno democratica e meno trasparente”.

Un nuovo referendum. C’è delusione nelle parole del sindaco Gambini, ma non rassegnazione. “Non mi aspettavo questo epilogo perché la procedura che abbiamo seguito è stata indicata dal Ministero alla Regione e dalla Regione a noi. Anche i maggiori giuristi italiani confermano che si tratta di una procedura corretta. Ma noi non molliamo, già da domani ci metteremo al lavoro, insieme al comune di Tavoleto, per proseguire sulla nostra strada. Faremo ricorso al Consiglio di Stato e contiamo di fissare il nuovo referendum per gennaio 2016”.

L’attacco al Tar. Gambini non trova una spiegazione logica alla decisione del Tar. Le procedure, a suo avviso, sono state avviate correttamente proprio perché il Ministero aveva espresso un parere favorevole sui referendum marchigiani. “Purtroppo quello che decide il Tar è legge – ha detto – anche se spesso i giudici cambiano interpretazione a seconda dei casi e, a volte, fanno ‘stronzate'”.

Le conseguenze. La decisione del Tar di annullare i referendum di domenica si farà sentire anche sul piano economico: sono più di 2 i milioni di euro – nuovi fondi per gli investimenti sbloccati grazie al superamento della soglia dei 15mila abitanti – ai quali le casse del comune di Urbino dovranno fare a meno nel 2016. Che, nell’eventualità in cui la fusione fallisca, diventerebbero venti, cioè due milioni all’anno per dieci anni, grazie ai contributivi aggiuntivi della regione Marche e dell’Unione europea. Soldi che sarebbero arrivati invece in caso di fusione, così come previsto dalla legge di Stabilità. Il 10 dicembre la Commissione Bilancio della Camera ha inoltre approvato un emendamento alla legge che prevede il raddoppio del contributo statale, che arriva al 40%, per i comuni che si uniscono. Fino ad ora la legge riconosceva infatti contributi statali per i dieci anni successivi alla fusione commisurati al 20% dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, in misura non superiore a 2 milioni di euro per singolo beneficiario. “Spero che qualcuno paghi per il danno causato al nostro territorio e che senta la responsabilità di ciò che ha fatto. Specialmente perché il referendum si farà comunque più avanti. Senza contare che per questa votazione, poi annullata, sono stati sprecati 40mila euro” è il commento di Gambini.

Tavoleto. Se Mombaroccio era fortemente contraria all’incorporazione da parte di Pesaro, a Tavoleto invece la situazione è diversa. “Nessuno si è opposto – continua Gambini – anche grazie all’impegno del sindaco Nello Gresta che è riuscito a far comprendere ai suoi concittadini le opportunità che la fusione offrirebbe al comune”. E in effetti gli 864 abitanti avrebbero bisogno di quei soldi: il bilancio di previsione è in rosso di 50mila euro e, già quest’anno, Tavoleto potrebbe andare in predissesto. Condizione che porterebbe al fallimento di tutta l’operazione. “Ho sentito Gresta e in un primo momento mi è sembrato scoraggiato. Ha parlato anche di dimissioni dopo aver visto sfumare il lavoro di mesi. Ma già da domani ha dato la sua disponibilità a continuare questo percorso intrapreso insieme. Lo sconforto non può prevalere”.

L’attacco al sindaco. Per il Movimento 5 Stelle, questa situazione, avrebbe potuto essere evitata se la giunta comunale e il sindaco Gambini avessero dato ascolto alle loro resistenze. “Se salta il referendum è solo colpa del sindaco” ha detto al Ducato Pierluigi Ferrari del Movimento 5 Stelle di Urbino. “Abbiamo avuto pochissimi giorni per studiare la legge regionale e quella nazionale, la cosiddetta legge Delrio, che trattano della fusione e incorporazione fra Comuni. Immediatamente ci siamo accorti che il procedimento che si stava mettendo in atto era illegittimo. Infatti la legge regionale, applicata nel caso dell’incorporazione di Tavoleto da parte di Urbino, prevede che il referendum consultivo sia fissato alla fine dell’iter, quando cioè la fusione è già stata avviata. La legge nazionale, invece, prevede il referendum all’inizio, in modo che i cittadini possano esprimere fin da subito la propria preferenza. Ci siamo battuti per settimane per cercare di convincere il sindaco che, però, ha deciso di proseguire su questa strada. Ora il Tar di Ancona ci ha dato ragione. Noi siamo d’accordo sul referendum, ma la procedura è sbagliata”.

La replica di Gambini. “L’iter adottato dalla regione Marche applica il massimo della trasparenza, perché permette ai cittadini di esprimersi con la consapevolezza delle condizioni stabilite per la fusione – è la risposta del sindaco di Urbino al M5S – in giunta comunale i pentastellati si erano espressi a favore del referendum, ma contro la procedura. Oppure avrebbero votato sì, ma solo con la rinuncia ai fondi premio, che è anche peggio”.