di OLGA BIBUS
URBINO – Eric Jozsef, corrispondente di Libération, spiega perché dal punto di vista della gestione del patrimonio culturale una partita Francia-Italia terminerebbe 1-0. Nel mondo l’Italia è ancora amata e apprezzata per la sua cultura. Nello stesso tempo nel nostro Paese il patrimonio culturale viene valorizzato sempre meno, gli artisti contemporanei fuggono all’estero e nelle pagine dei giornali l’informazione culturale è relegata sempre più in fondo. Secondo Jozsef, inoltre, il giornalismo culturale si sta estinguendo. Colpa della politica, ma anche dell’informazione. Siamo ancora però in tempo per salvarlo. Ecco come…
Di solito lei scrive di politica, al Festival invece interverrà nel dibattito sulle prospettive del giornalismo culturale. Da cosa nasce questa scelta?
Io sono un corrispondente, quindi in verità mi occupo un po’ di tutto, anche di cultura. Quello che ho notato è che in Italia mancano delle politiche culturali, mentre la cultura in questo Paese
dovrebbe essere in primo piano. Oggi da un lato la politica non valorizza il patrimonio culturale, dall’altro i media considerano la cultura un tema di nicchia. Quindi gli argomenti culturali si
trovano sempre più isolati: confinati nelle ultime pagine oppure in inserti a parte. Per non parlare del fatto che nei giornali è totalmente assente lo spazio per la creazione contemporanea.
Ha detto che come corrispondente deve occuparsi anche di cultura. Quindi l’Italia della cultura è ancora un tema che suscita interesse all’estero?
La cultura è l’asso nella manica di questo Paese. Da sempre l’Italia ha una reputazione particolare nel mondo per la sua cultura. Magari non era considerata una potenza politica ed economica al pari di altre, ma la sua seduzione è sempre stata di tipo culturale. Ancora oggi c’è molta attenzione per ciò che succede in Italia. Non si può fare a meno di parlare delle mostre di Venezia oppure di Pompei. Interessa meno la parte della creazione contemporanea, anche perché molti artisti italiani lavorano all’estero.
Invece qual è la situazione del giornalismo culturale francese?
Devo ammettere che la Francia gestisce meglio il suo patrimonio culturale nonostante non sia più ricca dell’Italia. La Francia ha un’attenzione per la cultura a lungo termine e quindi tutti i governi
francesi hanno investito nella cultura. Per esempio c’è una politica del libro, una politica del teatro, una del cinema ecc. C’è un’offerta sostenuta dagli investimenti pubblici. Questo ha creato
nei decenni una domanda e degli spettatori assetati di cultura, di conseguenza un’informazione culturale più effervescente.
Ritiene che anche il nuovo governo di Emmanuel Macron sia particolarmente attento alla cultura?
A parole sì, bisognerà vedere i fatti. Per ora posso dire che forse il nuovo presidente francese è più attento alla cultura di altri. Macron è colto, ha una formazione filosofica, è un uomo di cultura. Forse rispetto ai suoi predecessori ha un maggior interesse personale di investire nella cultura. Se lo farà si vedrà nel tempo.
Cosa si potrebbe fare per salvare l’informazione culturale italiana dall’estinzione?
Smettere di trattare la cultura come un argomento di nicchia. La cultura non viene considerata al pari di altri temi. Si pensa che quella culturale sia un’informazione specializzata: chi vuole la legge, altrimenti la buttiamo. Invece bisognerebbe fare il contrario. Creare nuovi lettori, nuovi spettatori. Paradossalmente tutto il giornale dovrebbe essere impregnato di cultura perché l’informazione è cultura. Bisogna riabilitare il giornalismo culturale e trattarlo al pari delle altre sezioni. Per esempio inserire il dibattito su un libro nelle prime pagine, tra esteri e cronaca, perché quel libro è importante tanto quanto le cose che succedono nel mondo.