di VIRGINIA CAMERIERI
URBINO – L’opinione pubblica ha e avrà ancora bisogno di giornalisti, antidoto al dilagare delle bufale e “fake news”. Carlo Verna, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, in visita all’Ifg di Urbino, ha incontrato gli allievi della Scuola, e parlato con loro del futuro di questo mestiere: dall’accesso alla professione alla riforma dell’Ordine stesso.
È stato eletto da qualche mese Presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti. Quali sono le priorità?
La riforma, la riforma, la riforma.
Questa è una scuola di giornalismo. Come pensa debbano formarsi i giornalisti del futuro? Pensa di dover cambiare qualcosa nell’accesso alla professione?
La risposta a questa domanda si riconnette alla priorità detta prima. Non a caso ho risposto provocatoriamente usando tre volte la stessa parola: riforma, riforma, riforma. Quello di oggi è uno scenario completamente diverso da quello del 1963, quando nacque l’Ordine. Cinquantacinque anni fa esistevano i grandi giornali, il servizio pubblico radiotelevisivo e l’agenzia Ansa. Il mestiere veniva appreso come in una bottega. Oggi, invece, tutte queste certezze non ci sono più. Esiste sì un’ampia offerta lavorativa, ma allo stesso tempo è quasi sparita la formazione, non è più possibile imparare a bottega il mestiere. Per questo sono necessarie nuove regole che partano dalla formazione universitaria e arrivino alle scuole e master di giornalismo.
In che direzione sta andando la professione? Cosa risponde a chi dice che nel futuro non ci sarà più bisogno di giornalisti?
Questa professione costituisce l’antidoto al dilagare delle bufale, di quelle che oggi chiamiamo fake news. Ora la notizia rischia sempre più di essere alterata a causa della sua ‘moltiplicazione’ e manipolazione attraverso le varie piattaforme online. Quando questo processo diventa consueto, è verosimile la richiesta dei cittadini di sapere la notizia reale, non distorta. Il giornalista, mediatore fra la fonte e il pubblico, è l’unico perciò in grado di validarla. Una professione capace di fare la differenza diventando una garanzia per la qualità della democrazia.
Quale ruolo ha l’Ordine nel contrasto alle fake news? Qualche giorno fa, diversi quotidiani nazionali hanno riportato la notizia, rivelatasi poi parzialmente falsa, di file al Caf per richiedere il reddito di cittadinanza. Che ruolo può avere l’Ordine nel contrasto alle bufale?
Sono dell’opinione che le notizie non si possano processare come un tempo quando si mandavano al rogo libri e pergamene. Quello che può essere sottoposto invece a verifica disciplinare è il modo in cui il giornalista si pone rispetto alla notizia. Se tiene conto o meno del principio alla base della professione: il rispetto della verità. Nel caso delle presunte persone in fila ai Caf per il reddito di cittadinanza, la dinamica non è facile da ricostruire. Anche una sola voce che inizia a girare può avere un grande impatto e distorcere la notizia. È una dinamica comunicazionale particolare. Sono comunque sicuro che il giornalista, nella propria coscienza, sappia sempre perfettamente quando sta forzando una notizia e quando invece sta svolgendo il suo lavoro di mediatore fra la fonte e il pubblico.
Lei ha partecipato in autunno alla manifestazione a Ostia contro la violenza sui giornalisti. Quanto è pericolosa questa professione in Italia?
Quando si racconta il malaffare e quando lo si fa con una certa continuità. Ho avuto l’onore di essere amico in gioventù di Giancarlo Siani. Giancarlo non aveva chissà quali scoop nel cassetto. La malavita non l’ha ucciso perché stava per rivelare qualcosa. Di lui dava fastidio il fatto che con puntualità, ogni giorno, raccontasse i fatti e li collegasse fra loro. Un lavoro di diligenza e straordinaria passione. Quando si fa bene il proprio mestiere rischiano tutti, dal giornalista al magistrato. Chiunque. Noi, come categoria, dobbiamo aiutarci a vicenda sostenendo i propri colleghi creando una sorta di ‘scorta mediatica’, cioè non lasciandoli mai soli.
Il giornalista sportivo Luigi Necco è scomparso questa notte. Che ricordo ha di lui?
Siamo stati colleghi di redazione per molto tempo. Mi fa piacere poterlo ricordare in una città non calcistica. Luigi Necco doveva la sua popolarità al programma calcistico “90esimo minuto”. Ma è stato molto più, un giornalista a tutto tondo. Nel suo percorso ha raccontato tutta la cronaca subendo anche un attentato organizzato dalla camorra ad Avellino. È stato divulgatore dell’archeologia con il programma “L’occhio del faraone” e un riformatore del linguaggio televisivo dando al racconto calcistico un linguaggio dialogante, non troppo tecnico. E soprattutto non violento come spesso si rivela essere quello di oggi.