Istituto per la Formazione
al Giornalismo di Urbino

i corsi - la sede - contatti
gli allievi - i docenti - l'istituto

Giornalismo in crisi: tutti i numeri. In tre anni -3722 contratti di lavoro

di e    -    Pubblicato il 13/06/2013                 
Tag: , , , , , , ,

Cinque anni di crisi. Contratti di solidarietà in aumento del 193%. Centinaia di migliaia di copie di quotidiani perse. Investimenti pubblicitari che regrediscono ai livelli di ventidue anni fa. Albert Camus definì il giornalismo “il mestiere più bello del mondo”, ma probabilmente con i dati alla mano oggi avrebbe cambiato idea.

In Italia c’è una città grande come Ancona registrata negli albi dell’Ordine dei Giornalisti: è la città di quelli che hanno seguito Camus e armati di telecamere, pc, tablet e le intramontabili carta e penna, hanno deciso di cimentarsi con il giornalismo. I professionisti, ovvero i giornalisti che per legge devono vivere ‘esclusivamente di giornalismo’, sono 27.958. Di questi 7.646 hanno messo penna e calamaio da parte e sono andati in pensione, mentre 17.364 lavorano e versano regolarmente i contributi. Dato che la matematica non è un’opinione, rimangono 3.000 persone in cerca di un editore.

-3,8% I contratti di lavoro giornalistico persi nel 2012
-3722 Rapporti di lavoro giornalistico persi dal 2010 a oggi
-292 Licenziamenti, prepensionamenti e contratti non rinnovati nei quotidiani italiani nel 2012
+193% La crescita dei contratti di solidarietà nelle testate italiane nel 2012
+28,3% La crescita dei giornalisti in cassa integrazione
253 Prepensionamenti nel 2012

Stando ai dati dell’Inpgi (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) i pensionamenti sono aumentati del 4,3% rispetto al 2011, mentre è sceso del 3% il numero dei giornalisti con un contratto.

I dati più allarmanti riguardano la spesa che l’istituto di previdenza ha sostenuto per ammortizzatori sociali come disoccupazione, cassa integrazione e contratti di solidarietà. Con un +43,23% ovvero 7 milioni in più rispetto al 2011, l’Inpgi ha visto crescere la spesa per i trattamenti di disoccupazione del 9,02% rispetto all’anno precedente. La disoccupazione percepita dai giornalisti a causa di licenziamento è aumentata del 35%, e del 9,7% sono aumentati i trattamenti per disoccupazione in seguito a dimissioni.

Significativo è l’aumento del 193% dei contratti di solidarietà, ovvero quegli accordi stipulati tra l’azienda e i sindacati che prevedono meno ore di lavoro (e stipendi ridotti) per favorire le nuove assunzioni, senza ricorrere ai licenziamenti. Sono aumentate rispetto al 2011 anche le spese per la cassa integrazione, che costano all’Inpgi circa 3,6 milioni di euro. Tra i fortunati che sono riusciti a vivere grazie alla propria professione, 6.101 lavorano nel settore dei quotidiani (-1856 rispetto al 2008), 2872 nei periodici (nel 2008 erano 4000) e 935 lavorano nelle agenzie stampa (contro i 1316 del 2006). Non sono invece disponibili i dati scorporati di radio, tv e giornali online.

I numeri della diffusione dei quotidiani non sono più felici, anzi si tratta proprio di quelli più critici. Nella media generale la Fieg (Federazione italiana editori giornali) parla di un calo delle vendite pari al 6% nell’ultimo anno e al 22% dal 2007 a ora. Tradotto in carta, guardando i dati di Prima online, significa che La Repubblica e il Corriere della Sera, da sempre tra i più venduti nelle edicole, hanno perso insieme 463.948 copie. In particolare La Repubblica ha subito un calo di vendite del 42%, mentre il Corriere si ferma a -37%Il Fatto Quotidiano alla nascita vendeva 69.229 copie, oggi 54.035. Libero e Il Giornale hanno perso rispettivamente il 31% e il 43% delle copie.

Qualche segno positivo è rintracciabile tra i numeri dei settimanali, dove Vanity Fair è riuscita ad aumentare il numero di copie di 32.120 unità. Ma al di là di questa nota positiva, lo storico Oggi ha perso il 49%, Panorama il 45%, l’Espresso il 56%. Perfino Topolino – che è appena arrivato al numero 3000 – se la passa male, con un calo del 59%. In generale la stampa periodica ha registrato una riduzione ininterrotta di ricavi, che nel 2012 è arrivata al 9,5%.

Aggiungiamo anche che, proprio quello appena concluso è il primo anno in cui il segno meno è arrivato anche davanti al numero di chi i giornali li comprava tutte le mattine. Se finora l’aumento dei lettori era servito a compensare l’andamento negativo della diffusione delle vendite, adesso il calo di circa un 15% per i quotidiani e del 9,4% per i periodici rende ancora più difficile immaginare una ripresa, almeno in tempi brevi. Inoltre per la prima volta dal 2003, i fondi derivanti dalla pubblicità sono scesi al di sotto degli 8 miliardi di euro, che in termini reali significa una recessione ai livelli del 1991.  Ciò vale per tutti i mezzi di informazione eccetto internet, dove  gli investimenti sono cresciuti del 147%, anche in virtù dei bassi livelli di partenza e dei prezzi. Per tornare ai numeri: gli utenti unici del Corriere.it sono passati dai 963.605 di tre anni fa ai 1.168.112 dello scorso aprile, quelli di Repubblica.it sono 1.515.242, il 18% in più in un triennio. Numeri che non permettono di compensare, con gli introiti pubblicitari pari a 1,3 miliardi di euro, il crollo dell’advertising sulla carta stampata.

Sullo stesso argomento:

I commenti sono chiusi