PESARO – La sentenza è arrivata ed è stata accolta da un lungo applauso. Chi ha aspettato tutto il giorno fuori dalla porta dell’aula del Tribunale di Pesaro non è riuscito a trattenere la soddisfazione quando il procuratore, Manfredi Palumbo, ha annunciato la decisione del giudice di condannare a 20 anni Luca Varani e a 14 Altistin Precetaj e Rubin Ago Talaban. Secondo il giudice Maurizio Di Palma questo è il prezzo che devono pagare il 36enne pesarese e i due albanesi, esecutori materiali, per l’aggressione a Lucia Annibali, l’avvocatessa urbinate sfregiata con l’acido il 16 aprile 2013 nella sua casa di via Rossi, a Pesaro.
Le pene sono scontate di un terzo, perché i processo è stato celebrato con rito abbreviato. Il giudice ha accolto la richiesta del pm Monica Garulli per la condanna di Varani, accusato di tentato omicidio, riferito alla manomissione delle manopole del gas in casa di Lucia Annibali, stalking e lesioni gravissime. Diminuita invece di quattro anni la pena per i due esecutori materiali perché, secondo il giudice, non potevano sapere che Varani perseguitava l’avvocatessa da tempo.
“Sono soddisfatta – ha commentato con serenità Lucia Annibali – ma niente ripagherà me e la mia famiglia per quello che è successo”. Niente, nemmeno il risarcimento stabilito dal gip: 800 mila euro a Lucia e 75 mila ad ogni membro della sua famiglia.
Come per tutte le altre udienze, Lucia Annibali è arrivata in tribunale poco prima delle 9.30, a bordo di un furgoncino, accompagnata dalla sua famiglia. Luca Varani è arrivato dopo, alcuni amici lo attendevano fuori dal Palazzo di giustizia e lo hanno salutato chiamandolo con uno dei suoi soprannomi. “Ciao ragazzi” è stata la sua veloce risposta. In aula anche Talaban, mentre era di nuovo assente Precetaj. Durante l’udienza Lucia è uscita due volte dalla stanza per concedersi una pausa caffè, in compagnia delle sue amiche. Insieme a loro una scorta di Carabinieri che ha tenuto lontano i giornalisti, con cui l’avvocatessa ha voluto parlare soltanto a fine giornata, in una conferenza stampa. In tribunale anche oggi, come per tutte le altre udienze, c’erano le donne dell’UDI, unione donne italiane, per sostenere Lucia.
La sentenza è stata data alle 18.20, dopo un’ora di camera di consiglio arrivata in seguito alle repliche del pm Monica Garulli, della parte civile e delle due difese. Ma a tener banco per tutta la mattinata è stata la questione dell’orologio, un colpo di scena che per qualche minuto ha fatto calare un velo di incertezza sull’esito del processo. Un ‘giallo che però si è subito risolto. L’orologio appare in una fotografia, scattata in casa al momento del sopralluogo delle forze dell’ordine e proiettata in aula durante l’udienza. In un primo momento la Annibali non lo aveva riconosciuto e questo aveva fatto sospettare la possibilità di errori e omissioni al momento del repertamento delle prove. “La foto era lontana e, a causa dei problemi agli occhi provocati dall’acido, Lucia non lo aveva visto bene – ha spiegato ai giornalisti il difensore Francesco Coli – gli avvocati della difesa hanno chiesto al gip di mettere a verbale le sue dichiarazioni. Poi, durante la pausa, ha guardato meglio quella fotografia e ha chiarito che l’orologio era il suo”. La questione si è risolta definitivamente quando i genitori dell’avvocatessa lo hanno portato in aula, in modo da poterlo confrontare con quello della foto. “Non esiste nessun giallo – ha concluso Coli – e il giudice non ne ha tenuto conto nella sua decisione”.
Quello dell’orologio è stato solo l’ultimo di una serie di episodi che hanno reso questo processo molto complicato come ha dichiarato l’avvocato Coli dopo la lettura della sentenza: “È stato un processo molto difficile perché non c’erano testimoni che avessero visto il fatto”.
Ora si andrà al secondo grado di giudizio, come hanno detto i difensori di Varani che avevano chiesto la piena assoluzione per due accuse è sostenuto la non sussistenza per quella di tentato omicidio. “È una vergogna” – ha urlato qualcuno dei presenti all’uscita dal’aula degli avvocati della difesa e commentando le dichiarazioni di volere continuare a difendere Varani fino alla Cassazione. “L’avvocato della difesa difende il giusto processo e non i reati– ha replicato uno dei due legali di Varani, Francesco Maisano – ci vediamo ad Ancona e poi a Roma”. “Ricorreremo sicuramente in appello –ha incalzato l’altro avvocato, Roberto Brunelli – questa è una sentenza che non ha precedenti nel nostro ordinamento”.
Cara Lucia,
devi vivere una vita, felice! Chi ha cercato di cancellarti non ha cancellato la tua voglia, di vivere, il tuo splendido sorriso. Non ti ha tolto gli affetti più cari come la famiglia i tuoi amici, anzi ha contribuito a fa si che il vostro rapporto sia diventato ancora più saldo. Io mi ero permessa già di scriverti per dirti che ammiro il tuo coraggio e ti ringrazio della tua mail in cui mi sostieni. Mi sono rivolta a te perché in te vedo ciò che potrebbe succedere, se qualcuno non ci ascolterà. Nessun tentato femminicidio, questa volta al centro di un assurdo intreccio scaturito da una famiglia interrotta, da una relazione finita, c’è un uomo che si sente minacciato da un altro uomo. E’ il grido disperato di una famiglia, è la storia di un uomo finito nel mirino del nuovo compagno della sua ex. La storia si protrae da circa un anno e mezzo. Da una parte un uomo, dall’altra il nuovo compagno della ex, già noto alle forze dell’ordine. Una storia fatta di minacce di morte, aggressione con arma da taglio, interventi delle forze dell’ordine sul luogo di lavoro e nell’abitazione, ci sono stati danni materiali, pedinamenti, aggressioni verbali giornaliere, le querele sono l’unico modo per provare a farci sentire. Chiedo come uscire da questo tunnel, perché il rispetto ci viene negato, la dignità calpestata. Questo uomo non viene ascoltato, nonostante abbia gridato in ogni modo che questa persona da un anno e mezzo a questa parte lo rende oggetto di continue minacce, e che ogni giorno è costretto a valutare ogni iniziativa e spostamento e per tale motivo condiziona pesantemente la sua vita. Cosa dobbiamo fare? Questo è ciò che continuiamo a chiederci? E’ forse perché è un uomo…!
Sandra da Pesaro