La proposta del liceo Raffaello: laboratorio di traduzione dei classici

di ALESSANDRO CRESCENTINI

Studiare Platone e Virgilio attraverso le pagine di J.R. Tolkien. Insegnare il greco e il latino facendo divertire gli studenti al Liceo Classico Raffaello di Urbino si può. Anche quest’anno Lorenzo Carnevali, professore di greco e latino del Raffaello, e Monica Bravi, ex-studentessa della scuola ora laureata e specializzata in lettere classiche, riproporranno il “Laboratorio di lettura, traduzione e interpretazione creativa dei classici”, un appuntamento che prevede lezioni pomeridiane volontarie e gratuite. E quindi è sufficiente, per esempio, leggere il Silmarillion. Leggere e analizzare la storia di Beren e Luthien. Riconoscerci gli elementi riconducibili a un’opera classica. Solo a quel punto si prende in mano il testo originale di Virgilio e si traduce il passo in cui narra il mito di Orfeo e Euridice. Sembra impossibile attirare gli studenti, considerando che sono materie notoriamente ostiche. Invece, con questo metodo qualcuno è riuscito a renderle persino divertenti.

prof raffaello

Lorenzo Carnevali, Monica Bravi e Umberto Pindemonte

Quest’anno il tema sarà “Tradurre per il teatro” (Plauto e Aristofane), in continuità con l’anno scorso. Da metà ottobre a fine novembre è stato svolto un lavoro preliminare su cosa significhi tradurre e quali siano le particolarità del teatro antico. La prima fase del laboratorio si è già conclusa con la discussione sul lavoro svolto e la presentazione di alcune traduzioni. Infine, dopo tre lezioni “teoriche” sulla commedia greca e sulla commedia latina, da gennaio si cominceranno a tradurre scene di Plauto (Miles gloriosus) e Aristofane (Nuvole) con messa in scena finale a Giugno.

L’idea è nata cinque anni fa: Carnevali e Bravi hanno voluto dare una svolta alla lezione tradizionale, organizzando degli incontri pomeridiani volontari e gratuiti. Quella che poteva inizialmente sembrare una pretesa un po’ presuntuosa, si è rivelata una scommessa vincente. L’esperimento era semplice, almeno concettualmente: far rivivere i classici dalle pagine dei libri con la traduzione. Già, la traduzione. Nelle scuole è meccanica. Semplificando un po’, si studia la grammatica e, con quella base, si traduce meccanicamente con un dizionario in mano. Negli anni si affina la tecnica, ma il processo rimane artificiale. E soprattutto, senza la possibilità di parlare la lingua, per i liceali le parole rimangono solo dei caratteri senza vita sulle pagine dei loro dizionari. Carnevali e Bravi questo lo hanno capito. E allora via i vocabolari e benvenuto teatro.

“Puntiamo a sviluppare le capacita di lavorare per obiettivi, di lavorare in equipe e soprattutto avvicinarsi al mondo dei classici in modo moderno e creativo, senza quella pesantezza che caratterizza troppo spesso i nostri studi”, spiega Carnevali. Il progetto ha avuto subito successo. Fino ad arrivare al quinto anno consecutivo. La ricetta di questo laboratorio prevede tre ingredienti fondamentali: non si usa il vocabolario, si lavora in gruppi di studenti di età e classi diverse e l’aspetto pratico è privilegiato rispetto alla teoria. Costruire, dunque, per capire. “La chiave è finalizzare la traduzione agli studenti. Per chi o per cosa si traduce? Rispondendo a queste domande, i ragazzi riescono a toccare con mano queste materie e smettono di percepirle solo come astratte”, continua il prof. Sulla stessa linea prosegue la dottoressa Bravi: “I meccanismi di ricezione di un qualunque testo letterario, che sia un’orazione, un racconto o altro, sono molto vicini a quelli tipici del testo teatrale, perché presuppongono un destinatario. Tradurre significa quindi prima di tutto chiedersi a chi mi sto rivolgendo e perché. Ed è importante chiederselo anche quando il destinatario non è fisicamente presente, perché il testo vuole sempre comunicare qualcosa, e per comunicare è necessario un interlocutore. Questo per noi significa tradurre: immaginare, creare o cambiare di volta in volta contesto e destinatario”.

Qual è allora la chiave per rendere attuali i classici? Semplice, accostando il mondo greco e romano a quello contemporaneo. E i due insegnanti hanno dato il meglio. Il primo anno hanno scelto Lisia e Cicerone per capire l’oratoria politica moderna, studiando  i discorsi di Martin Luther King e J. F. Kennedy. Le favole di Esopo e quelle di Fedro sono state affiancate dagli “Esercizi di stile” del francese Queneau. O ancora Tito Livio e Senofonte studiati insieme a Gianni Rodari.

Ogni anno una ventina di ragazzi che volontariamente si sono fermati a scuola anche il pomeriggio appassionati e entusiasmati dallo studio dei classici non poteva rimanere inosservato. Il gruppo di insegnanti è aumentato e ora partecipano anche Gianpaolo Galvani e Umberto Brunetti, delle università di Urbino e Macerata. E non si sono accontentati dei confini marchigiani. Autentiche personalità degli studi classici hanno accettato di partecipare con delle lezioni al progetto. Tra questi Giuseppe Ghini, docente dell’ateneo urbinate, Alessandro Fo, da Siena, e Denis Feeney, dall’università di Princeton.

I ragazzi hanno sperimentato diversi modi per imparare e allo stesso tempo intrattenersi con il mondo classico. Hanno letto e interpretato. Hanno ricreato i testi originali in discorso pubblico e rappresentazione teatrale. Tutto questo in più lingue, persino in inglese. Con una consapevolezza: che i classici, oltre a essere fondamentali per la formazione dei giovani, sono anche divertenti e appassionanti. E perché no, anche commoventi.

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Alexander Crescentini