La provocazione di Wu Ming 2 al Fgc 2017: “La salvezza della cultura è uscire dalla tv e dai giornali”

Wu Ming 2
di LORENZO CIPOLLA

URBINO – In Rete si possono scoprire storie diverse dalla narrazione dominante, isole felici dove si va fino in fondo invece di guardare, distratti, la superficie. Wu Ming 2, autore di due libri sul paesaggio, è la voce fuori dal coro adatta a parlare del declino del giornalismo culturale italiano, del patrimonio naturale e artistico-intellettuale italiano e dei social.

Wu Ming 2, come conciliate la vostra scelta di non mostrare il volto con la società mediatica la cui regola è “metterci la faccia”?
Siamo trasparenti per i lettori e opachi per i media: non andiamo ai talk show a pubblicizzare i libri ma frequentiamo molti incontri pubblici dove le persone ci vedono in faccia, l’interesse verso di noi è reale e si creano rapporti più duraturi.

Qual è lo stato dell’arte del giornalismo culturale italiano?
I latini dicevano ‘non multa sed multum’, ovvero non tante cose ma molto a fondo. Oggi al contrario i media restano in superficie, anche se c’è chi cerca di andare più a fondo. Prima la recensione di una “firma” aveva un suo peso perché diceva cose che non erano altrove. Oggi la critica letteraria è ininfluente perché segue le mode. Per parlare di libri devi leggerli e pensare di dire qualcosa, oltre alla trama. Il giornalismo culturale non può rientrare in una logica veloce. Forse se televisione e giornali di carta smettessero di parlare di libri farebbero meno danni. Ora ci sono blog e siti di
recensioni come Anobii, un social network letterario. Si può uscire fuori dal formato giornale, però servono sempre le capacità giornalistiche.

La Costituzione promuove la cultura e tutela il paesaggio. Ma l’Italia lo fa?
Rispetto ad altri Paesi no. Il ministro della cultura spesso è senza portafoglio. Nella manovra finanziaria dovrebbero togliere i soldi dalle spese militari per darli a lui. C’è molto da fare:
l’apparente riscoperta del localismo positivo, il rinnovato interesse per le radici, la cultura, i luoghi e il dialetto dovrebbe portare alla promozione di biblioteche, musei e archivi da parte delle
istituzioni. Invece tutto resta a livello locale.

C’è un vero impegno nella tutela del paesaggio e del patrimonio?
L’Italia è firmataria della Convenzione europea paesaggio, ma la situazione è ancora devastante. Spesso “tutela” e “no al consumo del suolo” restano vuoti slogan. Le amministrazioni trasformano
un campo incolto in un parco quando forse quello spazio era più interessante al naturale che con le panchine. E magari poco più in là rimane la desolazione. Però è preferibile un luogo abbandonato, che può diventare lo spazio per qualcosa, che uno sacrificato al turismo che rende finti i luoghi.

I social possono diffondere degli argomenti tra più persone, oppure possono essere popolati da nicchie non mainstream i cui componenti si parlano solo tra loro. È veramente possibile ampliare il bacino d’utenza su cultura e paesaggio con questi media?
I social servono alle nicchie già costituite per creare relazioni più strette. Un ruolo lo possono avere i narratori e i giornalisti: tanti di loro usano già i social, raccontando storie che diano maggior
visibilità a questi contenuti in comunità più vaste. Il problema è il conformismo, tutti pensano solo a inserirsi nel trending topic del momento.

Puoi svelarci qualcosa di ciò che farai sabato 14 ottobre a Fano?
Questo spettacolo è evento unico, pensato per il festival. Prendiamo due pezzi di un reading nato dal fotoreportage Terraproject basato sui quattro elementi: aria, terra, acqua e fuoco. Più dei brani
ispirati alle immagini raccolte da Padania Classics e da Incompiuto Siciliano, che propone di definire l’incompiuto come stile architettonico italiano più importante del secondo dopoguerra.

Chi, per te, sui social riesce a parlare di questo e può “fare scuola”? 

Re:common approfondisce molto sulle grandi opere inutili e dannose, e twitta regolarmente. Su Facebook Padania Classics, la mappatura del catasto architettonico padano, permette di mandare le foto di opere incompiute per farne un catalogo cartaceo.

Quale libro ci puoi consigliare sull’argomento?
Paesaggio Italiano di Luigi Ghirri, pietra miliare del lavoro fotografico, e Il paesaggio come teatro di Eugenio Turri sulle trasformazioni più recenti.