Francesca, ricercatrice premiata nel Regno Unito: “Grazie alla Carlo Bo sono arrivata qui”

Francesca Anna Carrieri mentre riceve il premio Italy made me
di MARTINA MILONE

URBINO – Una valigia ancora da disfare, un Natale appena passato con i genitori, in Puglia, e un’email che lampeggia sul suo pc. Quando Francesca Anna Carrieri riceve via posta elettronica la notizia di aver vinto il premio “Italy made me”, è appena rientrata dalle vacanze. “Il riconoscimento – racconta via Skype – viene dato ai ricercatori che si sono formati in Italia, ma lavorano nel Regno Unito”. Assegnato dall’Ambasciata italiana in Gran Bretagna e dall’Istituto italiano di cultura di Edimburgo, il premio ha tre sezioni. ‘Life Science’ è quella per la quale Francesca ha inviato la candidatura, vincendola anche grazie alla ricerca che sta portando avanti sulla “somitogenesi”, un processo che avviene durante lo sviluppo embrionale e che porta alla formazione di muscoli, vertebre e tessuti. “Fa sempre piacere vincere un premio, l’ho subito dedicato ai miei genitori”.

Francesca, classe 1987, è una biotecnologa industriale e vive in Scozia dal 2014, dove frequenta un dottorato all’Università di Dundee. Pugliese, tre volte dottoressa, si è formata all’Università degli studi di Urbino, prima con la triennale in Biotecnologie, nella sede distaccata di Fano, poi con la specialistica in Biotecnologie industriali, infine con una seconda magistrale in Biologia molecolare, conseguita mentre lavorava a Baltimora. Ma il suo amore per la città è iniziato quando andava ancora alle elementari e sua madre frequentava la facoltà di Giurisprudenza della Carlo Bo. “Mi ricordo di quando venivo a Urbino a nove e dieci anni. Una volta mia mamma mi ha anche tenuta sulle ginocchia mentre sosteneva un esame”. La memoria che ha dell’Università di Urbino è sempre piena di affetto. “Senza la formazione urbinate non sarei andata da nessuna parte, non sarei riuscita ad emergere”, dice Francesca, convinta che solo nelle piccole facoltà si possa instaurare un rapporto studente – professore utile ad imparare veramente.”In una grande facoltà non potresti mai andare a prendere il caffè con il docente, sei solo un numero”, afferma. Tanto che ancora oggi Francesca sente regolarmente i suoi docenti.

A Baltimora, nel Maryland, ci è arrivata grazie al professor Antonino Forabosco, genetista del laboratorio di biologia molecolare e genetica medica del Cante di Montevecchio, a Fano. Per tre anni ha lavorato in un team di ricerca per studiare il gene Plac1, coinvolto nello sviluppo della placenta. “Con me, inseparabili fin dal primo giorno di corso, la mia migliore amica Laura D’Ignazio”. Anche lei biotecnologa, le due studiose sono volate insieme sia a Baltimora che in Scozia, e ora si sostengono pur lavorando in laboratori diversi. “Anche senza di lei raggiungere questi traguardi sarebbe stato molto difficile”.

Le lotte quotidiane con la nostalgia di casa sono comunque difficili da vincere. “Vedo mamma e papà quando posso, spesso in giro per il mondo – racconta – per esempio quest’estate avevo una conferenza a Singapore e mi hanno raggiunta là”. Ma a spingerla ad andare avanti è l’amore per questa professione che lei stessa definisce “a supporto della medicina”. “Desideravo diventare un’oncologa pediatrica, ma non sono riuscita a entrare alla facoltà di Medicina di Ancona – spiega – ero disperata. Poi mia madre mi ha lasciato questo bigliettino consigliandomi di provare Biotecnologie. Mi ha cambiato la vita”. Alla domanda se tornerebbe indietro per riprovare Medicina la risposta è negativa. “Amo i bambini, non riuscirei mai a vederli soffrire. Così da dietro le quinte do comunque il mio contributo”.

Il ‘cervello in fuga’ di Francesca, però, difficilmente tornerà nel nostro Paese: “Mi vorrei immaginare in Italia ma, purtroppo, non ci sono grandi possibilità nel mio campo. Il sistema italiano per alcuni punti di vista non funziona come dovrebbe, invii curriculum e neanche rispondono”. Di curriculum Francesca ne ha inviati molti in previsione della fine del dottorato, a dicembre. Senza ricevere nemmeno un “no, grazie”. “Non so ancora cosa mi riserverà il domani, ma il mio pensiero va sempre ai miei genitori. Un giorno avranno bisogno di me, e dovrò tornare. Loro sono la mia priorità”, confessa Francesca.

Prima di chiudere la telefonata Francesca risponde a un’ultima domanda: descriversi in tre aggettivi. Tentenna un po’, poi alla fine chiosa: “Determinata, positiva e testarda. Cerco sempre di raggiungere i miei obiettivi, ma senza sgomitare, e con il sorriso”.