La mostra di Paolo da Fermignano. “Tartufi, neve e contadine: le mie Marche su tela”

Paolo da Fermignano con due sue opere: da sx, "La Tartufara" e "La Dama"
di ELEONORA SERAFINO

URBINO – Con le sue tele ha portato la neve di Urbino, la gola del Furlo, la nebbia che avvolge il fiume Metauro e il tartufo bianco marchigiano in tutta Italia. Paolo da Fermignano, 65 anni, all’anagrafe Paolo Fraternali ha inaugurato la sua personale di pittura nella galleria “Donato Bramante” di Fermignano. L’esposizione, dal titolo “Il mio cammino, un dono” inaugurata il 17 marzo sarà aperta al pubblico fino al 15 aprile.

L’artista ha iniziato a dipingere quando aveva solo 13 anni e non ha più smesso, affiancando la sua passione per tempere e pennelli all’attività di bancario, durata quasi 40 anni, e a quella di cantante in un gruppo di musica pop.

“Il nome della mostra – spiega Fraternali – è emblematico: il mio cammino è stato assolutamente un dono. Non ho mai studiato arte, sono cresciuto in una famiglia di contadini”. Un legame con la terra che ritorna nei suoi quadri: paesaggi bucolici, aratri, balle di fieno. Ma anche volti di donne che ricordano ritratti rinascimentali. Come La Tartufara, opera tra le più conosciute di Paolo da Fermignano, non a caso ripresa nella locandina della personale e acquistata come simbolo di italianità in formato poster da strutture alberghiere e ristoranti sparsi per il mondo.

“La donna dipinta è la figlia di mio fratello – racconta l’artista – e il paesaggio dietro è la gola del Furlo, un luogo a me caro. Non avevo dipinto mai tartufi prima d’ora, poi un giorno ne trovai uno di grandi dimensioni ed ebbi l’ispirazione. È così per tutti i miei quadri, nascono da ciò che mi circonda”.

La cesta di tartufi che la donna tiene tra le braccia ritorna con fattezze non identiche ma simili anche in Omaggio al tartufo con Salvador Dalì, dipinto realizzato con il figlio dell’artista catalano, Josè Van Roy Dalì, e in cui simboli di Fermignano e Urbino si accompagnano a oggetti “daliliani” come l’orologio molle e la tazza gigante.

Paolo da Fermignano con Josè Van Roy Dalì

Una Urbino quasi del tutto imbiancata, spesso riconoscibile grazie ai torricini che svettano sul Pincio, è protagonista di diverse tele molto apprezzate anche in una esposizione a Palazzo Barberini a Roma nel 2001. “Il grande critico Alfredo Pasolino – racconta da Fermignano – mi disse che avrei dovuto continuare su questa scia, perché questa neve, la neve della città ducale, imparagonabile a quella di qualsiasi altro luogo, così dipinta trasmetteva gioia e pace a chiunque vi posasse lo sguardo anche per poco”.

La mostra alla galleria di Fermignano è accompagnata da video che riprendono la vita nelle campagne marchigiane attraverso le quattro stagioni. Un documentario che Paolo da Fermignano ha voluto girare nel 2001 (in collaborazione con i giornalisti Gabrio Marinelli e Gianni Rossetti), in omaggio ai suoi genitori e “ai sacrifici da loro fatti chini nei campi per anni”.

“In questa mostra, più di qualunque altra in questi anni, ci sono io – precisa Paolo da Fermignano – non solo l’artista, ma anche l’uomo. C’è la mia terra, ma anche le mie opere giovanili, mai esposte prima d’ora, e fotografie di momenti di vita”.

Tra le tele, in cui la terra marchigiana e la sua cultura primeggiano, spicca un angolo inaspettato, un pezzo d’America che con i monti ducali e i campi dorati ha in comune solo i colori. “Sono quadri nati – conclude Paolo da Fermignano – durante il mio viaggio in Colorado per far visita a mio figlio, lì per un dottorato. Ho riportato tutto su carta con degli acquerelli. Poi una volta a casa, dove avevo le mie tele e lo spazio necessario, ho potuto dare libero sfogo alla mia voglia di far rivivere le meraviglie di cui avevo goduto”.