di LORENZO CIPOLLA
URBINO – Grandi volti segnati dallo scorrere del tempo e dagli sguardi sognanti e persi riempono le sale del Castellare di Palazzo Ducale, dove domenica 18 marzo è stata inaugurata la mostra di Andrea Martinelli “L’ombra, gli occhi e la notte”. Ideata e curata dall’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, l’esposizione terminerà il 30 maggio.
Martinelli, nato a Prato nel 1965 e membro dell’Accademia delle arti e del disegno di Firenze, dopo il diploma all’istituto d’arte Porta Romana di Firenze, nel 1988 vince il premio “Tito Conti” e come borsa di studio l’Accademia di Firenze gli assegna un atelier in piazza Donatello a Firenze per cinque anni. Da metà anni ’90 inizia una serie di mostre personali e collettive, tra le prime le principali sono quella alla XIII Quadriennale di Roma nel 1999, al Parlamento europeo a Strasburgo nel 2001 e in tempi più recenti alla Biennale di Venezia nel 2011, dove era già stato nel 2013. Tra i vari premi, quello internazionale “Le Muse” di Firenze, nel 2001.
Sgarbi lo definisce “un pittore attualissimo” che rappresenta in modo realistico e vero l’uomo ed esalta “l’importanza della famiglia e della tradizione”.
Martinelli, raggiunto dal Ducato, spiega di essere un pittore contemporaneo ma fortemente legato alla tradizione. Le sue principali fonti d’ispirazione pittorica sono Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti ma anche il tedesco Lucian Freud e il polacco Balthus.
La mostra è divisa in tre sezioni: “Il volto e l’ombra”, “Cercatori di luce” e “La notte”. Ciascuna racchiude le rappresentazioni che l’artista dà del soggetto che affronta. Nella prima il tema è la vecchiaia e protagonisti sono i ritratti di persone anziane, realizzati anche su tele che coprono un’intera parete, con i volti segnati dalle rughe e dalle ombre che rappresentano i ricordi che si accumulano durante la vita. È proprio grazie a questa esperienza, secondo Martinelli, che si arriva alla condizione dell’uomo più vera, sincera e profonda.
Nella seconda sezione, “Cercatori di luce”, si entra in una dimensione a tratti onirico-delirante, di forte spiritualità. Martinelli disegna figure contornate da repliche di loro stesse, avvicinate dallo spettro della morte o che fissano il vuoto con sguardi che sembrano oltrepassare la dimensione terrena.
La terza e ultima sezione è un viaggio dentro l’ambiguità della notte: in quelle ore di buio si agitano nell’animo le pulsioni del desiderio – incarnato da figure femminili – e le paure più inconsce che scatenano gli incubi.