Il nuovo saggio di Francesco Giorgino: “Il punto chiave è la competenza narrativa”

Francesco Giorgino alla presentazione del saggio "Giornalismi e società"
di MARTINA MILONE

URBINO – C’è un’era, quella della globalizzazione e della complessità, in cui il modello giornalistico si è fortemente modificato, diventando un insieme di modelli. Dal citizen journalism, il giornalismo che vede la partecipazione attiva dei lettori, al data journalism, fatto con la raccolta e l’analisi di dati, fino al modello all news, che tiene i lettori e gli spettatori informati 24 ore su 24, i modi per far fronte al cambiamento sono molti. Ma uno su tutti è quello su cui Francesco Giorgino pone l’accento nel suo ultimo saggio, Giornalismi e società. Informazione, politica, economia e cultura (Mondadori Education 2017), il brand journalism, nel quale si fa “pubblicità” alla stessa azienda.

“Sono prodotti – spiega l’autore – che fidelizzano il pubblico rispetto al brand. Per esempio come fanno i giornalisti, sempre più impiegati nei social”. Tuttavia i giornalisti non devono diventare dei pubblicitari. “Si chiede di mettere a disposizione delle aziende competenze tecniche, linguistiche, interpretative e narrative. Il punto chiave è la competenza narrativa”, continua Giorgino.

Il saggio, presentato in un dialogo a due tra Giorgino e la professoressa di sociologia della comunicazione Lella Mazzoli, al termine dell’incontro con gli allievi dell’Ifg di Urbino, riflette sulla nuova funzione sociale dell’informazione: mettere in relazione politica, economia, finanza e cultura, intesa come l’universo del conoscibile, grazie a dei “mediatori”, i giornalisti.

Il problema, in un mondo sempre più infarcito di notizie e tendente all’overloading, il sovraccarico di informazioni, è la qualità. “Un tempo era la quantità di informazioni a fare una buona democrazia, oggi è la qualità”, sostiene infatti Giorgino.

Il libro: Giornalismi e società. Informazione, politica, economia e cultura

In questa corsa continua dietro ai tempi che fuggono, cambia anche la logica di creazione delle notizie, il cosiddetto newsmaking. Analizzato e spiegato nelle pagine del saggio,  quattro sono i passaggi fondamentali che lo costituiscono: la selezione della notizia, la gerarchizzazione all’interno del calderone delle news, il trattamento dell’informazione e di come questa è portata all’attenzione del pubblico e la tematizzazione, cioè il togliere la notizia dal suo contesto per reinserirla in una cornice, come quella del telegiornale o del quotidiano.

“Qui si dispiega il massimo dell’attività discrezionale del giornalista – sottolinea Giorgino – e qui si trova il massimo rischio di distorsioni”. Tra queste soprattutto il  “sensazionalismo”, cioè l’esaltazione della negatività della notizia. “Se gli americani dicevano ‘bad news is a good news’ un motivo ci sarà. Per noi giornalisti è una buona notizia una cattiva notizia”. Un valore che, secondo l’autore, andrebbe ridimensionato: “A furia di rappresentare la realtà con la negatività stiamo consegnando una rappresentazione non in linea con la realtà nella sua totalità”.

Ma alla fine non servono grandi ricette per salvare il giornalismo. “Il giornalismo deve fare un bagno di umiltà e capire che ha tante forme di concorrenza cognitiva con cui confrontarsi, quindi deve diversificarsi – conclude Giorgino – noi ci informiamo perché abbiamo bisogno di conoscere la realtà circostante, la verità. Ma solo l’essere mediatori dell’informazione consentirà alla professione di continuare”.