All’ex Ifg Gabriella Lanza il premio Ucsi 2015 per il giornalismo solidale

Gabriella Lanza intervista il giornalista de L'Espresso Fabrizio Gatti
di Riccardo Marchetti

URBINO – Con l’articolo “Quei 300 minori italiani disabili che nessuno vuole adottare” l’ex allieva dell’Ifg (biennio 2012-2014) Maria Gabriella Lanza ha vinto il premio “Natale UCSI 2015” per il giornalismo sociale. Nello specifico, oltre a 1000 euro, Gabriella si è aggiudicata la Targa Athesis, attribuita dall’editrice Athesis Spa e dedicata ai giovani under 30. Al premio, giunto alla ventunesima edizione e promosso dalla sezione di Verona dell’Unione Cattolica della Stampa Italiana, hanno partecipato 170 candidati.  “Sono contenta di aver vinto proprio con questo articolo, ci tenevo molto –  ha commentato Gabriella al Ducato – è un tema molto importante del quale si parla troppo poco. Ci ho puntato e alla fine ho avuto ragione”.

Pubblicato il 28 settembre scorso sull’agenzia “Redattore sociale”, l’articolo racconta il dramma sconosciuto dei disabili cognitivi che crescono negli istituti e nelle case famiglia. “In Italia ci sono molti minori di dieci anni disabili che aspettano l’adozione – spiega Gabriella – alcuni sono in attesa da tanti anni. Spesso restano nell’istituto fino ai 18,  quando devono per forza lasciare la struttura”.

Il pezzo è incentrato, oltre che sui dati forniti dal Ministero della giustizia e dalle associazioni di settore, sulla testimonianza di quei genitori che hanno accettato la sfida e adottato un bambino disabile. Grazie all’Anfaa – Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – Gabriella si è messa in contatto con due famiglie. Una di Roma che ha adottato due bambine affette, rispettivamente, dalla sindrome di Robinow e da un ritardo mentale. L’altra di Milano, che ha accolto un bambino down di sei mesi di nome Federico.

In quest’ultimo caso, spiega Gabriella, le difficoltà sono state tante. “All’inizio non erano convinti, avevano paura anche a prenderlo in braccio. L’ingresso in famiglia di Federico è stato traumatico. Soprattutto perché il primo dei tre figli della coppia non accettava il nuovo arrivato, che avvertiva questo rifiuto e cercava di farsi voler bene. Ora sono legatissimi: il fratello maggiore si è sposato e si è trasferito in un’altra città, ma ogni 2/3 settimane Federico va a trovarlo e si ferma da lui qualche giorno”.

Entrambe le famiglie, spiega Gabriella, lamentano “l’assenza quasi totale dello Stato. Le famiglie che adottano un ragazzo disabile necessitano di contributi e dell’aiuto di uno psicologo, ma sono lasciate sole. Si deve creare una rete sociale che garantisca loro gli aiuti economici e psicologici di cui necessitano”.

Al di là delle difficoltà però Gabriella spiega come essere venuta a contatto con queste realtà le abbia lasciato sensazioni positive. “Mi hanno trasmesso tanta gioia e serenità, a dimostrazione che aprirsi alle diversità è una scelta che ripaga, anche nelle difficoltà. Nonostante all’inizio non sia stato semplice queste persone sono riuscite ad andare oltre all’apparenza, oltre all’handicap. Mi hanno raccontato di tante notti insonni e di rinunce, ad esempio in merito all’argomento vacanze. Ma in compenso sono stati ripagati da tante soddisfazioni”.