di PATRIZIA BALDINO
URBINO – Un ex soldato napoleonico, tenuto “in pregione” in una delle stanze di Palazzo Ducale incise il suo lamento sulla spalliera di una panca. Lui che era stato “mesi 33 soldato di N e viva”, graffiò i muri con la dedica al condottiero appena caduto ed esiliato. Le pietre della residenza di Federico portano ancora le testimonianze di chi lasciò un segno del suo passaggio, dalla guardia che, annoiata, scarabocchiò per passare il tempo, al servo che annotò la data di inizio del suo lavoro per i duchi di Montefeltro.
Sono solo alcuni graffiti, cioè incisioni o scritte sul muro, che si trovano al Palazzo Ducale di Urbino. Testimonianze lungo ben cinque secoli e mezzo di storia: la prima è datata 1453 mentre una delle ultime, del 2000, è di un certo Mirco che sicuramente ha aspettato di non essere visto dai custodi del palazzo per lasciare un segno. Dal 29 marzo al 21 maggio 2017 saranno queste le ‘opere’ protagoniste della mostra “La pietra racconta. Un palazzo da leggere”. Organizzato dalla Galleria nazionale delle Marche e dall’Isia.
L’idea di un’esposizione del genere, unica finora in Italia, è nata dopo la pubblicazione della tesi di laurea di Manuele Marraccini, ex studente dell’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Urbino. “Durante una visita a Palazzo Ducale, sono rimasto colpito dalle tante incisioni sulle pareti e ho pensato di lavorarci. La mia tesi ha colpito il direttore della Galleria, Peter Aufreiter, che ha proposto di portare all’attenzione dei visitatori proprio queste scritte”.
L’entusiasmo del direttore era evidente durante la conferenza stampa di presentazione della mostra: “Perfino i muri di palazzo Ducale raccontano la storia. Attraverso le scritte riusciamo a ricostruire lo scorrere del tempo e gli eventi che si sono susseguiti”.
La mostra ha permesso, inoltre, di scoprire qualcosa di nuovo sulla vita dei duchi di Montefeltro, mostrando il loro lato più privato e quotidiano, come le tacche fatte lungo lo stipite di una porta per segnalare il cambiamento d’altezza di un giovane membro della famiglia. E lo stesso duca Federico potrebbe aver lasciato un segno di suo pugno, incidendo le sue iniziali in alcune stanze del palazzo.
“Mentre ora i graffiti non sono accettati dal padrone di casa e considerati trasgressivi dall’opinione pubblica, un tempo era una consuetudine lasciare un segno nelle pareti degli ospiti. Era una sorta di Facebook dell’antichità” spiega Raffaella Sarti, professoressa che del progetto ha diretto la parte scientifica e i testi.
L’esposizione è arricchita da contenuti interattivi. Ogni graffito è accompagnato dalla sua ricostruzione fotografica e dalla spiegazione del contesto storico in cui è stata realizzata; ma ci sono anche stampe tridimensionali e contenuti touch screen. E infine un link che permette ai visitatori di osservare nei propri smartphone le incisioni più da vicino.
Fondamentale, per questa parte pratica del progetto, la collaborazione con l’Isia. L’intero istituto si è mobilitato per curare questi aspetti, come ha sottolineato il direttore Leonardo Romei: “Studenti e docenti, guidati dal responsabile Angelo Rubino, sono stati i protagonisti della pianificazione, tutti hanno partecipato attivamente e, nonostante il tempo ristretto e la complessità della mostra, direi che abbiamo fatto un ottimo lavoro. L’unione di competenze umanistiche e scientifiche è stato un successo e Urbino, con questi progetti, può ottenere una leadership culturale nella nostra regione.”