di VIRGINIA CAMERIERI
URBINO – A salvare la famiglia Sarano a Pesaro furono dei contadini marchigiani, anche con l’aiuto – non secondario – di un giovane soldato tedesco che scelse di non deportare la famiglia ebrea e nasconderla. In occasione della Giornata della memoria Siamo qui siamo vivi, diario di Alfredo Sarano (Edizioni San Paolo) rivela una nuova testimonianza che riemerge dal passato e che racconta gli anni delle leggi razziali vissuti nelle Marche. Curato da Roberto Mazzoli, giornalista e direttore de Il Nuovo Amico, il settimanale della diocesi di Fano-Pesaro-Urbino. La prefazione è di Liliana Segre, recentemente nominata dal presidente della Repubblica senatrice a vita.
Quella che potrebbe essere la trama di un romanzo è una vicenda realmente accaduta negli anni della Seconda guerra mondiale a Pesaro e che coinvolge una famiglia ebrea di sei persone. Costretti a lasciare Milano a causa delle leggi razziali, i Sarano si trasferirono sulle colline pesaresi. Ma in poco tempo il pericolo della deportazione li raggiunse anche nelle Marche. L’11 settembre del 1943 i tedeschi occuparono Pesaro senza incontrare nessuna resistenza. La città fu scelta come baluardo difensivo orientale della Linea Gotica. Il comando dei tedeschi era collocato molto vicino alla casa dei Sarano; alcuni amici li avvisarono che i nazisti avevano iniziato a cercare gli ebrei e la famiglia scappò a Mombaroccio. A salvarli fu un sottufficiale di 21 anni, Erich Eder, cattolico di Baviera che dopo averli scoperti decise di non rivelare la loro origine ebraica. Ma la figura del giovane tedesco era sconosciuta alle stesse figlie di Alfredo Sarano, Matilde, Vittoria e Miriam, che ne sono venute a conoscenza solo grazie al lavoro di Mazzoli.
“Tutto è nato dalla mia passione per la storia – spiega il giornalista – circa cinque anni fa, i frati del convento di San Giovanni Battista a Pesaro mi hanno regalato un libro che raccontava di un sottufficiale tedesco di nome Eder, un soldato che si oppose alle regole del regime per salvare alcuni sfollati ebrei della zona”. Dopo varie ricerche, Mazzoli ha individuato una delle famiglie ebree salvate, quella dei Sarano. “Mi misi subito in contatto con le figlie, residenti in Israele, e raccontai tutto quello che avevo scoperto. I famigliari non sapevano nulla, ma erano in possesso delle memorie del padre fino a quel momento custodite gelosamente. A questo punto, è stato facile chiudere il cerchio ed è nata l’idea di scrivere un libro”.
Custodito per oltre settant’anni in un cassetto, il diario di Sarano è stato presentato per la prima volta a Milano lo scorso 11 gennaio, alla presenza delle figlie di Alfredo e dei figli di Erich Eder. “Grazie alle mie ricerche sono riuscito a mettermi in contatto anche con i parenti del sottufficiale tedesco. Ho inviato molte lettere per tutta Europa – racconta Mazzoli – e alla fine ho ricevuto una telefonata in tedesco: era un figlio di Eder”.
Siamo qui siamo vivi, diario di Alfredo Sarano sarà presentato il prossimo aprile a Pesaro, e le figlie del protagonista saranno investite della cittadinanza onoraria a Mombaroccio.