di LORENZO CIPOLLA
URBINO – C’era “tutta la ‘famiglia’ di urbinati” che frequentava il campo di tiro a volo di Mondolce per ricordare Alberto Carneroli, in una due giorni dedicata al campione scomparso a luglio 2016 all’età di 73 anni. “Questo evento mi ha fatto tornare indietro nel tempo, agli anni d’oro del tiro a volo a Urbino” ricorda Riccardo Rossi, presidente della Federcaccia di Pesaro, poco prima della cerimonia di premiazione delle due categorie, tiratori e cacciatori.
Erano 44 i partecipanti, giovani e meno giovani, al percorso Compak, una specialità tiravolistica, in 50 piattelli. Il primo Memorial Alberto Carneroli, in passato sia atleta che cacciatore, di sabato 17 e domenica 18 giugno, è stato organizzato dalla Federcaccia di Urbino, di cui è presidente Raffaele Bova, e da quella pesarese insieme a Mario Pretelli, presidente “tuttofare” dell’Associazione Sportiva “Tiro a volo” Montefeltro.
Carneroli è definito da Pretelli “una leggenda” per la sua carriera che lo ha visto campione europeo individuale nel 1975 a Vienna e due volte mondiale a squadre, nel 1977 e nel 1979. Grazie al suo ‘pedigree’, è stato un promotore importante di questa pratica sportiva e a lungo dirigente apprezzato di quella che è stata la prima società di tiro a volo della provincia, il “Montefeltro” sorta nel 1969. “In questa piccola società Alberto ha cresciuto quattro tiratori di categoria extra quando erano solo 50 in tutta Italia” afferma con orgoglio e commozione il cugino, Luciano Rossi.
Il percorso su cui si sono sfidati i contendenti, divisi in due classifiche, era composto da cinque postazioni da cui partivano i piattelli. Ogni partecipante aveva a disposizione due serie di tiri da 25 piattelli, due colpi per ogni piattello. Serie suddivise in 15 dischi singoli e 10 “doppietti” (dischi che escono da due diverse postazioni). Ogni due colpi, a segno o a vuoto, i tiratori cambiavano posizione sulla pedana. I 44 concorrenti hanno colpito complessivamente 1604 piattelli, in un concerto di colpi scoppiati dal rumore secco che dà l’impressione di rompere, per un lungo momento, l’aria circostante e l’odore pungente, simile a quello dello zolfo ma più aspro, della polvere da sparo.
La buona risposta di partecipanti ha meravigliato positivamente Bova, in un momento storico difficile per queste due attività: “Le persone sono venute anche se è stato organizzato tutto all’ultimo momento, il prossimo anno attireremo più persone. Al giorno d’oggi il tiro e la caccia soffrono della mancanza di ricambio generazionale: non ci sono le nuove leve perché i ragazzi vedono il fucile come qualcosa di violento, ripugnante. Invece il tiro è una disciplina olimpica”.
La succinta analisi è condivisa anche da altre persone all’interno del mondo del tiro e della caccia. Il primo ha anche delle potenzialità economiche, oltre che sportive: A livello olimpionico il tiro a volo all’ultima edizione dei giochi ha riportato cinque medaglie, più degli altri, e questo ha contribuito a diffondere tutto ciò che è italiano in questa disciplina: all’estero usano armi e indossano vestiti italiani. “Un giro di soldi enorme” afferma Bruno Nobilini, arbitro internazionale e membro della commissione tecnica della Federcaccia nazionale. “Il tiro a volo non appassiona i giovani perché non viene trasmesso in televisione come il calcio” aggiunge Pretelli.
Dopo due giorni di competizione, i vincitori sono stati: Learco Rocchetti tra i tesserati alla Federazione Italiana Tiro a volo e Antonio Castiello tra gli amatori. Sui due gradini meno alti del podio si sono piazzati Carlo Duranti e Marcello Ceccolini, assente al momento della cerimonia – la coppa è stata ritirata in sua vece da Agostino Rossi – tra i tiratori. Secondo tra i cacciatori Sandro Peruzzini, terzo Davide Fraternali. Quest’ultimo si è aggiudicato, alla lotteria messa in piedi dall’organizzazione, anche il fucile semiautomatico “Vinci” della Benelli.
Prima della cerimonia di consegna dei premi è stato reso omaggio alla memoria di Carneroli attraverso le parole e i ricordi di amici e parenti. “Alberto era una luce per noi – testimonia Nobilini – aveva un personale di 199 piattelli su 200 ma era sempre prodigo di consigli. Una persona degna di rispetto”. Anche se forse il ricordo più toccante è quello portato da Mariano Pascucci: “Concludo citando dei versi che Alberto ripeteva negli ultimi tempi, perché noi senza di lui siamo ‘una stella polare decapitata, una bussola rotta e inabissata’”.
A rappresentare le autorità il primo cittadino Maurizio Gambini: “Con l’aiuto della Benelli faremo il secondo campo nella zona della Sogesta. Attraverso questa disciplina si può far conoscere il nostro territorio”.