di VIRGINIA CAMERIERI
URBINO – Trent’anni dopo, Carlo Verna, presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, torna a Urbino, per ricevere il Sigillo d’Ateneo e fare una lectio magistralis. Nel 1987 venne qui, ancora praticante, per frequentare un corso di preparazione all’esame professionale. Da allora, molte cose sono cambiate nel mondo dell’informazione. Parlando di ‘Etica e informazione. Il giornalismo 4.0’, Verna ripercorre i punti cruciali di questa evoluzione, fino ad arrivare a oggi, “l’era della velocità, la nuova compagna di vita dei giornalisti”.
Ha portato con sé qualche appunto, alcuni ritagli di giornale e, soprattutto, la sua esperienza. “Non mi sono preparato un discorso scritto – dice -. Nessun incontro ci lascia indenni, tutti ci contaminano in modo positivo, ci accrescono”. Un auspicio che il presidente si augura sia valido anche per quanti, giornalisti e futuri giornalisti, studenti, docenti, lo ascoltano nell’Aula Magna del Rettorato.
Il ruolo del giornalista è il punto di partenza della sua lectio. “Ben dice il professore di sociologia dell’Università di Firenze, Carlo Sorrentino, che questo lavoro è sempre in bilico fra l’invadenza e l’omissione”. Nel mondo online, il rapporto fra giornalista e notizie è sempre più frenetico, ma Verna avverte: “La velocità non può cambiare l’essenza di questo mestiere: ossigeno per la democrazia”. Anche se accade spesso che la velocità “ci metta in relazione con i fatti in maniera confusionale” e che “non sempre riusciamo a gestirla”. Per il presidente dell’OdG non è assoluto il principio ‘slow news no news’, secondo cui una notizia data in ritardo non è una notizia: “Una notizia che arriva senza un’adeguata verifica è una ‘non notizia’”, spiega. “La velocità non può essere un’alibi alla disinformazione”.
L’articolo 21 della Costituzione, nel suo rovescio passivo, prevede il diritto del cittadino a essere informato correttamente. “Per questo nella riforma della professione vorrei che l’Ordine si chiamasse ‘Ordine del giornalismo’, proprio per suggellare questo dovere”. I protagonisti, infatti, delle notizie sono le persone e “noi incarniamo il diritto dei cittadini a sapere”.
Un diritto garantito, ad esempio, nell’inchiesta condotta dalla rivista online Fanpage, che Verna decide di trattare anche per il dibattito che ha prodotto dietro di sé: “Il caso rifiutopoli in Campania – così preferisce chiamarlo – ha svelato con tecnologie invasive un fatto di rilevanza sociale”, tangenti nella gestione dei rifiuti nella Regione. “Per valutare il caso dobbiamo rifarci al codice deontologico – sostiene Verna- che stabilisce l’obbligo per il giornalista di rendere nota la sua identità”. Ma lo stesso articolo stabilisce due eccezioni alla regola, che sono il rischio per la propria incolumità e il caso in cui l’identificazione non permetta di raccogliere le informazioni. “Quali sono dunque i limiti?” si chiede il presidente. “Il vero e unico limite è l’etica. La regola può essere violata se c’è un maggior bene da tutelare, come appunto il diritto dei cittadini all’informazione”.
Un dovere, quello del giornalista, chiaramente indicato sotto la testata del Washington Post: “Democracy dies in the darkness”, la democrazia muore nell’oscurità. “È fondamentale la nostra professione, capace di accendere sempre una luce nelle tenebre”. E conclude: “Siamo e saremo sempre gli avversari delle tenebre”.