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Un viaggio nel microcosmo della tradizione di Bisceglie - un paese tuffato nell’Adriatico, a una trentina di chilometri da Bari - svela piccoli segreti di medicina popolare e di superstizione che si perpetuano in formule e conoscenze. Direttamente sperimentati.
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Il bicchiere si avvicina
Il bicchiere si avvicina

Una rassicurante cortesia introduce nella sala da pranzo di una casa di quelle di una volta. Chi ora si trova sotto volte altissime che inondano di frescura, ha appena lasciato il ballatoio che gira tutt’intorno, alternando usci e finestre affacciati su un cortile lastricato delle pietre bianche che si usano da queste parti, con al centro, quasi ieratico, un pozzo massiccio che tutto sembra fuorché inutilizzato.

Se la cornice racchiude un senso di tradizione, l’ospite di certo non sembra accorgersene. Franca è una donna vicina agli ottant’anni dalle maniere assai svelte che non trascurano la buona educazione; non ama perdere tempo ma non disdegna due chiacchiere. Non prima, però, di aver curato il mal di schiena.

Il “rito” è preceduto da un lungo e laborioso preliminare: in piedi davanti al tavolo circolare coperto da un’incerata, prende un pezzo di stoffa e lo ritaglia con due sforbiciate sicure; vi avvolge una monetina e chiude la sommità annodando attorno un filo ricavato dalla stessa stoffa. Poi versa dell’olio in un piattino in cui intinge la punta dell’involto. In tutta la preparazione è assistita da un’aiutante, la giovanissima nipote che si diverte un mondo e non riesce a trattenere una risata ad ogni richiesta, sbagliando spesso in qualche particolare, come quando porta un bicchiere non adatto, suscitando così il sensibile disappunto della nonna.

È proprio la nipote a suggellare la fine dei preparativi, presentandosi di ritorno dalla cucina con una lunga candela accesa, quasi un simbolo sacrale per un pratica che, a differenza di altre, di sacro non ha proprio niente, neanche le famose formule segrete, limitandosi a meccanismi puramente fisici.

Una leggera pressione...
Una leggera pressione...

A questo punto Franca ti fa stendere sul divano a pancia in giù e ti fa sollevare camicia e pullover fino alla nuca; si avvicina e fa sistemare sua nipote, sempre con la candela in mano, al capezzale, mentre lei si ferma davanti alla schiena e la osserva, forse cercando di scorgere i punti su cui agire. Poi parte: imbeve nuovamente lo stoppino nell’olio e lo passa sulla fiamma della candela, poggia sulla schiena l’involto dalla parte che contiene la moneta, che dunque fa da base, e lo copre con il bicchiere (quello giusto, questa volta). La fiamma, a corto di ossigeno, rapidamente si spegne e, meraviglia!, la pelle comincia a gonfiarsi, a sollevarsi dentro al bicchiere.

Dopo una decina di secondi di pressione con la mano, stacca il bicchiere, diventato quasi una ventosa, con un movimento risoluto che produce un suono sordo onomatopeico. Poi il rito si ripete: olio, fiamma, posizionamento, bicchiere, pressione e distacco. Tante altre volte in punti diversi. Ogni passaggio lascia dei cerchi rossi. I segni del benessere ritrovato, secondo Franca. “La funzione delle coppette - spiega dopo averti dato il permesso di rivestirti - è quella di sciogliere i nervi, di distenderli. Il mal di schiena è figlio di cattive posture o di troppo stress procurato alla colonna vertebrale e il risultato è sempre quello di far accavallare i nervi che, con il calore e gli altri princìpi applicati, ritornano a posto”.

...e un bel massaggio
...e un bel massaggio

Nessun segreto, dunque, è tutto molto facile: “Non ci vuole niente - riprende - è una questione manuale che ho imparato da mia madre che faceva spessissimo le coppette a mio padre, sofferente di artrosi. Gli alleviava il dolore e lo stesso medico raccomandava di farle di tanto in tanto. Alle persone, soprattutto parenti, che chiedono il mio intervento, io consiglio sempre di imparare. Non ci vuole niente, davvero”.

Sarà. Ma qualche tempo dopo la pratica, che ha avuto risultati eccellenti spazzando via ogni dolore, accade di sentire nuovamente un leggero indolenzimento. Allora si pensa: la signora Franca ha consigliato di provare da sé, perché no? Si chiede quindi alla propria ragazza di cimentarsi e che cosa succede? Che l’involto di stoffa, urtato dal bicchiere, si inclina bruciacchiando tutta la pelle e una cicatrice a forma di mezzaluna ora è lì a ricordare che è meglio lasciar fare agli esperti!

 

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