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Un viaggio nel microcosmo della tradizione di Bisceglie - un paese tuffato nell’Adriatico, a una trentina di chilometri da Bari - svela piccoli segreti di medicina popolare e di superstizione che si perpetuano in formule e conoscenze. Direttamente sperimentati.
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Le enciclopedie definiscono Bisceglie "cittadina" ed è la giusta via di mezzo tra le sue due anime: quella di paese, con il suo attaccamento alle tradizioni e alle ritualità del quotidiano, alla terra e al mare; quella di città, con la sua imprenditorialità, con il suo turismo, con la sua piccola e intensa "movida" giovanile.

Cittadina, dunque. Agricola, industriale, marinara e commerciale allo stesso tempo, si trova a 34 km a ovest-nord-ovest di Bari, a 16 metri sul livello del mare in un'insenatura del litorale adriatico fatta di ciottoli bianchissimi e scogli scolpiti, ai piedi della Murgia costiera.

Un particolare del Palazzuolo
Un particolare del Palazzuolo

Percorrendo la statale Adriatica si arriva direttamente all'ampia piazza Vittorio Emanuele II (detta popolarmente Palazzuolo), alla cui sinistra corre il muro di cinta aragonese, confine della città vecchia. Sempre sulla sinistra parte via Cardinale Dell'Olio che raggiunge la Cattedrale (sec. XI) di stile romanico pugliese, al centro della città medievale; a pochi passi, la chiesa più antica, Sant'Adoeno (sec. XI). Leggermente più distanti, l'artistica chiesetta di Santa Margherita (sec. XII) con le sue tombe nobiliari, la Torre normanna e i resti del Castello svevo. Attraverso la città vecchia (risalente all'epoca normanna, con rifacimenti e sovrastrutture di epoche successive) che si riparte a raggera dalla Cattedrale formando un'intricata ragnatela di vicoli e di case addossate le une alle altre per proteggersi dalla calura estiva e dagli attacchi dei nemici (in particolare dai Turchi), si arriva al porticciolo e alla lunga litoranea (il gioiello è il Pantano, breve insenatura marina di origine alluvionale, con le vicine grotte di Ripalta).

I circa 48 mila abitanti popolano un territorio di 68,47 kmq che, con uno sviluppo di circa 126 km di strade rurali, si spinge a sud-est verso Molfetta, a nord-ovest verso Trani, a sud verso Terlizzi, Ruvo e Corato. L'altimetria oscilla tra i 50 e i 100 metri, raggiungendo nel punto più elevato i 272 metri.

Semplice e puntuale, dunque bella, è la descrizione che fa di alcune caratteristiche della terra di Bisceglie Mario Cosmai, nel suo libro "Bisceglie nella storia e nell'arte" (ed. Levante, 1985).

Una lama a ridosso del mare
Una lama a ridosso del mare

"Il suolo, risalente all'età secondaria, è costituito da formazioni rocciose del cretacico, da terreno alluvionale profondo e assai fertile, da terreno sabbioso e terra rossa, il bolo, su tufi calcarei. Tipica è la pietra viva, detta chianca (da cui le contrade Chiancarelle, la Chianca, Chianca Lombarda ecc.), che fu utilizzata dai preistorici: essa sporge a grossi blocchi sulla superficie e viene usata per la costruzione di casette rustiche (le torri), pareti e strade campestri. Il rilievo del suolo è vario, con lievi alture, dette matine (Matinella, Matina Frisari ecc.), cui si alternano le tipiche lame, avvallamenti che scendono serpeggiando all'Adriatico, dovute, in età geologica, al simultaneo sprofondamento dell'Adriatico e sollevamento degli Appennini, fenomeno che causò quella frattura longitudinale che è la costa da Barletta a Monopoli.

"Sin da epoca preistorica e specie nel Medioevo le lame, greti di torrenti che scendevano al mare, furono dimora umana e luoghi di culto, come attestano le vestigia sparse sul fondo e nei fianchi delle stesse. Le principali lame del territorio sono: la Lama Paterno, breve ma profondo avvallamento su cui si inarca il maestoso Ponte della Lama; la Lama di Fondo Noce; la Lama di Macina; Lamaveta (lama vetus, lama antica); Lamadinde (=lama interna).

"Il terreno è coltivato intensivamente a mandorli, olivi e viti: da qui i toponimi Amendolecchia, Scotelloni. Ma non mancano altre colture, indicate nei nomi Cerasa (da ciliegie), Favolle (da fave), Voragine (deformato da borragine, erba per cavalli). Piccole tenute cinte da pareti sono dette corti o chiusi, le zone ben coltivate pezze. Alla produzione dell'olio e del vino è connessa la diffusione di frantoi e palmenti, di cui avanzano fabbriche dappertutto. Qua e là sono sparse le specchie, cumuli di pietre che si elevano di parecchi metri in forma conica e abbondano nei poderi che furono un tempo villaggi. Che in passato vegetassero piante selvatiche, sempreverdi e querce, si deduce da nomi come Macchia, Macchione, Macchitella, mentre la vita religiosa trova eco nei numerosi nomi di santi dei poderi. Ai vecchi proprietari si riferiscono i toponimi Albarosa, Bruni, Bulfarino (nome saraceno), Cotimbo, Gadaleta. Le brevi insenature che si aprono lungo la costa prendono il tipico nome di cale (Calarossa, Cala di Fano, Cala dei monaci, ecc.)".

La digressione sulla terra è atto dovuto nei confronti di un paese che, come ogni luogo dell'anima, ha ben forti le sue radici; ma la più bella chiosa è in un verso di un'ode che Pompeo Sarnelli dedica a Bisceglie: "Se la pioggia ristoratrice più spesso lo visitasse, in tutto il mondo non esisterebbe un luogo più bello di questo". Ogni biscegliese sottoscriverebbe.

 

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