La sfida delle fake news al Parlamento europeo

Conferenza sulle fake news al Parlamento europeo di Bruxelles
DI FEDERICA OLIVO E YURI ROSATI

BRUXELLES – “Fake news in social media as reality shaper”. È il titolo della conferenza organizzata a Bruxelles dal parlamentare europeo e giornalista Curzio Maltese. Esiste una strategia per combattere le fake news che circolano nella rete? Questa è la domanda a cui l’incontro di oggi ha cercato di dare una risposta.

Nell’epoca dei social media, le notizie false si diffondono più velocemente di quelle vere. Una minaccia non solo per la corretta informazione dei cittadini ma anche per la democrazia. La diffusione di fake news durante la campagna elettorale statunitense è uno degli esempi più recenti di come un’informazione non corretta possa influenzare il voto.

La riflessione sulle fake news non è stata ancora affrontata dal Parlamento europeo. L’istituzione che rappresenta i cittadini dell’Unione europea da tempo, infatti, non discute di alcune tematiche relative all’informazione. “Sono 16 anni che quest’aula non attua provvedimenti in materia di audiovisivo e di e-commerce – ha affermato Curzio Maltese introducendo l’evento – ciò è molto grave, ma non è casuale”. Il parlamentare ha inoltre denunciato una carenza di interesse sulla questione anche tra i partiti della sinistra europea, alla quale appartiene.

L’EDUCAZIONE PRIMA DI TUTTO – Insegnare a pensare criticamente ed educare ai media fin dall’infanzia. E’ la missione che persegue il professor Christophe Michel non solo coi bambini di alcune scuole che hanno aderito al suo progetto ma anche con gli studenti dei licei e perfino coi detenuti di alcuni carceri.

Michel ha parlato dell’educazione come forza principale da opporre alla destabilizzazione generata dalla diffusione di fake news. Educazione che si traduce prima di tutto in formazione degli insegnanti.

Un esempio virtuoso è quello dei giovanissimi allievi della maestra Rose Marie che hanno indossato i panni dei giornalisti e hanno imparato a fare fact checking. “Sarebbe bello se i miei concittadini francesi fossero in grado di fare un decimo di quello che sanno fare questi bambini” ha commentato in chiusura lo stesso Christophe Michel.

IL PALADINO DELLE BUFALE – Proprio il fact checking ha incastrato un altro relatore dell’evento, Paul Horner, autore satirico statunitense che crea fake news ma, a suo dire, lo fa per risvegliare l’opinione pubblica.

“Non mi importa se sono considerato un autore di bufale, quello che mi interessa è che, leggendo le mie notizie false, le persone imparino a mettere in discussione la realtà”. Horner si è scagliato contro chi produce fake news solo per guadagnare di più, anche se proprio le bufale sono la sua fonte di guadagno principale.

Le storie senza alcun fondamento che scrive sono, per lui, un’esca per sensibilizzare i lettori su tematiche come la violenza sulle donne o l’omofobia. Con una di queste, che parlava degli stupri in India, dice di essere riuscito a raccogliere 250.000 dollari, destinati delle vittime di violenza sessuale in quel Paese. Da autore di fake news, ha chiesto di non condannare indistintamente tutti i tipi di notizie false perché ciò limiterebbe la libertà di parola.

Horner, però, è talmente abituato a produrre bufale che, nel corso del question time, una delle sue affermazioni è stata messa in discussione da una giornalista spagnola che si era preoccupata di verificarne l’autenticità.

GUERRA ALLE FAKE NEWS – In prima linea contro la diffusione di notizie false Andreas Veglis, professore di giornalismo all’Università di Salonicco, e le sei giornaliste di Maldito Bulo (Maledetta bufala in spagnolo, ndr.).

Il primo ha sottolineato la necessità di formare gli utenti del web affinché sappiano distinguere una fake news ed evitino di diffonderla e ha lodato l’iniziativa di google chrome di introdurre le spunte accanto alle notizie verificate.

La portavoce di Maldito Bulo, Clara Jiménez, ha dato la sua ricetta per combattere le notizie false: coinvolgere i lettori e, anziché proibire la diffusione di bufale, smascherarle pubblicamente per creare una coscienza critica tra gli utenti.

UN RIFERIMENTO ALL’8 MARZO – La giornalista spagnola Lidia Ucher ha ricordato, nel giorno della festa della donna, la responsabilità dei giornalisti nella denuncia delle diseguaglianze di genere. Diseguaglianze che esistono “anche tra chi lavora nei media” dove, per Ucher, “è ancora diffuso il maschilismo”. Ciò comporta la difficoltà di lavorare insieme, anche nella lotta contro la diffusione di notizie false.