di WILLIAM MARZI
URBINO – “Ogni giornalista paga un prezzo altissimo per dare un contributo essenziale a tutti noi. Non possiamo rimanere indifferenti, non dobbiamo lasciarli soli”. Le parole sono del presidente del Senato Pietro Grasso alla presentazione del rapporto sullo stato di salute del giornalismo in Italia. A stilarlo l’Agcom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che lo ha presentato al Palazzo Giustiniani di Roma il 29 Marzo.
L’Osservatorio sul giornalismo ha interrogato 2.439 professionisti, investigando ogni elemento della loro attività. I risultati dipingono una situazione critica. I giornalisti italiani sono sempre più precari, vecchi, e rimane stagnante la disparità tra uomini e donne. E dalle testimonianze emerge anche la paura per le intimidazioni che molti giornalisti subiscono.
Giornalisti attivi
Il numero dei giornalisti attivi in Italia è in costante diminuzione, secondo la stima Agcom sono stati 35.619 nel 2016, il 3.9% in meno del 2014. Questo si affianca a un costante invecchiamento della professione.
Donne ancora penalizzate
Dati contrastanti per la disparità di genere. Il 58% dei giornalisti sono uomini, il 42% donne. Numeri nettamente positivi rispetto al 73% maschile del 1993 ma che non registrano cambiamenti sensibili negli ultimi 10 anni. In termini assoluti è un rapporto migliore rispetto a Francia e Stati Uniti ma i problemi sorgono quando si parla di ruoli all’interno delle redazioni.
Il numero di direttori o vice-direttori uomini è quasi 5 volte superiore a quello delle donne e, per quanto riguarda gli editoriali, sono scritti dal 28% dei giornalisti ma solo il 17% delle giornaliste.
Si tratta comunque di dati che seguono le tendenze italiane in ogni ambito. Per dimostrarlo l’Agcom ha analizzato quanto tempo occupano all’interno dei programmi d’informazione i soggetti politici e istituzionali. Oltre l’80% sono uomini.
Poveri e precari
La maggior parte dei giornalisti ha redditi annui inferiori ai 20.000 euro. Negli ultimi anni sono aumentati i lavoratori autonomi come i freelance ma solo il 23% di loro riesce a superare questa soglia.
Ognuno degli intervistati ha rivelato quali criticità della sua professione teme maggiormente. Precarietà e rischio occupazionale la fanno da padrone mentre al terzo posto, segnalata dal 20% dei professionisti, c’è la difficoltà dell’accesso alle fonti. A seguire ci sono tutte le forme di intimidazione rivolte alla categoria. Quelle di stampo criminale e quelle derivanti da abusi dell’azione processuale, la famosa querela temeraria con il suo effetto dissuasivo sulla libertà d’informazione. La temono il 12% dei giornalisti.
Minacce
“Davanti alla scelta poso la penna o continuo, io continuo. Nonostante le intimidazioni, la paura e la perdita della libertà” ha detto Federica Angeli, intervenuta alla presentazione della ricerca. La giornalista di Repubblica vive sotto scorta permanente dal 2013 per le minacce di morte subite a causa delle sue inchieste sulle organizzazioni criminali di Ostia. Alla Campania va il triste primato del maggior numero di professionisti minacciati in rapporto a quelli attivi. L’andamento delle minacce in Italia, nonostante una lieve flessione nel 2016, da qualche anno rimane sempre sopra l’1%.
Livello di istruzione
Il 32% dei giornalisti non ha conseguito una laurea di alcun tipo e la maggior parte di questi lavora nel settore sportivo dove raggiungono il 48% del totale. Lazio e Valle d’Aosta sono le regioni con il maggior numero di giornalisti ogni 10.000 abitanti. Campania, Puglia, Calabria e Sicilia sono in fondo a questa classifica. Per quanto riguarda le lingue straniere, dopo l’inglese, è il francese la lingua meglio conosciuta. Spagnolo e tedesco seguono con percentuali simili. Infine, negli ultimi 2 anni, è aumentato il numero dei giornalisti che usano smartphone per la loro attività, dal 64% del 2014 al 73% del 2016.